Ritorno sulla triste vicenda del viadotto Morandi con alcune riflessioni stimolate dalle parole espresse dal comunicato e dalla lettera aperta dell’ IN/Arch “Reitegrazione versus demolizione

Concordo sulla drammatica assenza di una politica organica sulla mobilità a livello nazionale, che tenga conto della necessità di salvaguardare ed adeguare la rete infrastrutturale in un’ottica dinamica, di continuo adattamento alle mutate esigenze demografiche, economiche e sociali. Questa lacuna si avverte forte a diversi livelli, tanto per le grandi infrastrutture di comunicazione nazionale che per le arterie minori del reticolo, dove il degrado delle strade, associato ad un suolo connotato da estese aree a rischio idrogeologico (secondo ISPRA il 90% dei comuni italiani è interessato da fenomeni di dissesto), è concausa dell’abbandono dei territori.

La lentezza dei processi decisionali è un ulteriore elemento che aggrava sensibilmente questa lacuna, e richiede una riflessione serie sui sistemi di valutazione e concertazione: così come è necessario disporre di analisi esaustive e mettere in atto processi partecipativi, la certezza delle tempistiche per autorizzare e realizzare é un elemento fondamentale per garantire la fattibilità degli interventi ed il rispetto delle assunzioni prese in fase di progettazione. Vent’anni di discussioni sul progetto della Gronda di Genova non sono concepibili, ledono la credibilità di un progetto e, fatto ancor più grave, minano la credibilità della politica stessa e delle istituzioni.

Sveltire i processi di approvazione (o non approvazione) degli interventi è una conditio ineludibile sotto il profilo economico-finanziario, per dare garanzie agli investitori, siano essi pubblici o privati. Il fattore tempo richiede d’altronde una riflessione più ampia, che si allarga alla necessità di riconsiderare la temporalità delle infrastrutture: occorre ripensare al concetto di vulnerabilità delle opere e come questa si modifichi progressivamente in funzione di diversi parametri. Il viadotto Morandi è stato concepito in un contesto storico diverso, con proiezioni sul carico di traffico pesante che si sono rilevate sottostimate. Fenomeni reologici del CIS possono aver influito sulla resistenza; l’aggressione degli agenti atmosferici in ambiente marino può aver diminuito le sezioni utili resistenti, così come fenomeni di fatica possono aver ridotto la resistenza degli elementi in acciaio.

Il monitoraggio costante delle infrastrutture (oggi arricchito di soluzioni tecnologicamente molto più avanzate) può fornire d’altronde elementi sufficienti per alimentare modelli di simulazione numerica che analizzino come si modifica il comportamento statico delle strutture, in relazione alle mutate condizioni al contorno.

Il tema del controllo e del monitoraggio è il vero tema da affrontare, a mio modo di vedere, anche sotto il profilo politico, in relazione all’opportunità o meno di rinazionalizzare la gestione della rete autostradale. Non credo che si debba mettere in discussione la gestione privata delle concessioni, ma è il sistema di regolamentazione che deve essere rivisto per essere reso più sicuro ed efficace, garantendo un sistema di monitoraggio continuativo che orienti di conseguenza i programmi manutentivi. Un sistema che sinora ha operato per anche per le manutenzioni in regime di quasi monopolio, abbassandone il livello qualitativo.

La garanzia della sicurezza non può essere esternalizzata al gestore, deve rimanere una funzione in capo allo Stato, così come la strategia dei programmi di sviluppo e di adeguamento della rete.

Come IN/Arch abbiamo il dovere di individuare azioni di stimolo per sollevare il problema della manutenzione e dell’analisi delle vulnerabilità delle opere. Bisogna lavorare in maniera capillare per cambiare approcci e mentalità; pensiamo ad esempio alla necessità di riproporre un certificato di idoneità statica degli edifici, ad iniziare da quelli di pubblico utilità. O pensiamo ancora a quante volte come professionisti ci siamo posti il problema che i piani di manutenzione delle opere redatti in fase di progettazione avessero garanzie di essere applicati.

Al tema della sostenibilità degli interventi, termine talvolta inflazionato, impariamo ad associare quello della durabilità, consapevoli che ciascuna opera ha una sua durata ed un suo tempo.

foto di Yi-Liang Lai www.flickr.com/