ASSASSINIO NELLA CATTEDRALE (1951) di George Hoellering

Assassinio nella cattedrale (Murder in the Cathedral) è un film del 1951 diretto dalla regista austriaca George Hoellering (1897-1980). Il lungometraggio è tratto dall’omonima opera teatrale poetica di Thomas Stearns Eliot (1988-1965). Il dramma venne messo in scena per la prima volta proprio nella sala Capitolare della Cattedrale di Canterbury nel 1935. Nel 1951, con la sceneggiatura, il poeta e la Hoellering ricavarono la trasposizione cinematografica. “…Ma il budget e le risorse troppo limitati e gli attori semi-professionisti, a disagio davanti alla cinepresa, riducono nel film l’enorme potenzialità e l’impatto della tragedia…”. Comunque la pellicola, presentata alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, si aggiudicò il Grand Prix della giuria. Solo nel 1952, l’anno successivo, venne messo in distribuzione nelle sale.

Fra gli interpreti principali del film figurano: John Groser (Thomas Becket), Alexander Gauge (Enrico II d’Inghilterra). Le musiche originali sono di Laszlo Lajtha e dirette da Adrian Boult;  la fotografia è firmata da David Kosky. Il montaggio è di Anne Allnott e le scenografie di Peter Pendre. 

La vicenda, del XII secolo, racconta la relazione di amore-odio tra il monarca britannico Enrico II e l’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket. In un momento di frustrazione, in continuo contrasto con la chiesa, Enrico si lamenta coi suoi che vorrebbe sbarazzarsi di Becket. Subito lo prendono in parola, nel 1170 quattro sicari lo uccidono all’interno della cattedrale normanna. La cattedrale, distrutta subito dopo dall’incendio del 1171, verrà ricostruita nel 1174 in stile gotico. Da Wikipedia: “…nel 1171 un incendio distrusse quasi completamente la cattedrale. Della sua ricostruzione si occupò l’architetto francese Guillom de Sans, deciso a riedificare interamente l’edificio nello stile gotico già dominante in Francia …” “…è il primo esempio importante di architettura gotica inglese si manifesta nella costruzione del coro e dei tre ordini, quello della navata, del triforio e del cleristorio; la cattedrale ha una pianta (originaria) a croce latina che, durante le aggiunte è stata stravolta…” 

Questo film mi permette di ricordare non solo un grande poeta autore del poemetto La terra desolata (The Wast Land) (1922) ma principalmente di scrivere sull’architettura gotica. Una rivoluzione del modo di costruire che definirei moderna. 

La cattedrale gotica è esteticamente bella perché tutto ciò che la forma è strutturalmente necessario. Essa è il frutto di competenze sistematiche razionali logico intuitive. Le stesse vetrate colorate vanno oltre il simbolo delle loro strutture con le rappresentazioni iconografiche, servono per non far abbagliare il visitatore dal sole. 

Architettura “segreta” in quanto di difficile comprensione, perché basata sulla conoscenza intuitiva di regole di fisica strutturale, sullo scarico delle componenti vettoriali, dei pesi, all’interno di un determinato spazio di sicurezza al fine di garantire la staticità dell’edificio, la sua solidità e la sua durata nel tempo. Allora come oggi non tutti potevano costruire… solamente coloro che conoscevano i motivi statici per i quali la costruzione rimaneva in piedi e non deteriorava facilmente, grazie alla conoscenza delle qualità dei materiali, alla loro resistenza quando sottoposti agli agenti atmosferici. Architetti che procedevano attraverso le prove sui modelli, l’esperienza di cantiere e che iniziavano la pratica del costruire da ragazzini come apprendisti e proseguivano per tutta la vita passando attraverso le diverse mansioni fino a diventare Maestri d’opera. Le istruzioni sull’uso degli strumenti venivano tramandate verbalmente e i motivi dei risultati visibili, le perfette lavorazioni, erano coperti da segreto in quanto solo esperibili e non esprimibili con i pensieri e le parole. Le indicazioni venivano date in cantiere, ma quelle di governo, con i passaggi di mansione e di poteri, solo per votazione che oggi chiameremmo democratica.

Voglio immaginare il Maestro d’opera gotico, come incarnazione divina, un individuo che ha la conoscenza del Sé, che ha trasceso la forma e pertanto sa governare la forma in quanto espressione della sua coscienza di essere. Il principio che governa l’opera attraverso il disegno tracciato: con il metodo razionale della costruzione integrata modulare. Il Maestro d’opera, principio primo, che agisce con le sue “potenze”: i collaboratori, alterità, sue emanazioni coscienziali. 

Costruttori che sono forza e volontà al fine della realizzazione di una struttura  organica, economica e funzionale: bella. Un oggetto architettonico, per il bene degli esseri umani. La casa che li rappresenti e li protegga nel momento di massima espressione del loro vivere sociale: la festa, il rito, la cerimonia. 

Il processo costruttivo – attraverso la lavorazione delle singole parti identiche alla sagoma ideale e il loro assemblaggio armonico – porta alla comprensione del perché la cattedrale può essere costruita. Frutto della perfezione di ogni singolo elemento e quindi della perfezione e purezza degli individui che lo lavorano e lo assemblano meditandolo costantemente senza farsi distrarre dalla mente conflittuale. 

A parte l’aspetto filosofico tradizionale è evidente che il Maestro d’opera, capo della fabbrica aveva requisiti di altissimo grado. Capacità intuitive fuori dal comune. E’ per questa ragione che le sue conoscenze anche spirituali venivano automaticamente passate ai collaboratori a coloro che con lui agivano per trasformare la materia in architettura: che non appartiene più alla dualità, ma all’unità, la cattedrale gotica, con la sua verticalità simbolo del principio metafisico che permette l’apparire dei nomi e delle forme. 

Ricordo alcuni nomi di architetti gotici itineranti: Guillom de Sens, Villard de Honnecourt tra l’altro autore di un trattato di architettura gotica, Matthieu Paris, Jean de Champs, Eudes de Montreuil, Etienne de Bonneuil, Hug Vilfred, Simone Martini, Matthieu d’Arras, Peter Parler, Hugues Liberger, Claus Sluter, Simone da Orsenigo.

Per completare questo articolo mi sono ispirato a: Le radici delle cattedrali. L’architettura gotica espressione delle condizioni ambientali(2005) di Roland Bechmann.

L’architettura gotica, le edificazioni delle cattedrali, fu un movimento culturale che interessò tutta l’Europa dal XII al XIV secolo. Prima in Francia a Saint Denis (1140) grazie all’abate Suger, poi a Sens e via via, Chartres, Canterbury, Wells, Lincoln, Bourges, Orvieto, Reims, Noyon, Strasburgo, Assisi, Parigi, Worms, Magonza, Milano, e cento altre.

Le cattedrali erano prima di tutto luoghi d’incontro. Dovevano svolgere oltre alla funzione religiosa anche quella sociale-comunitaria: adunanze pubbliche, spettacoli, attività al coperto, in ogni stagione dell’anno, eventi che potevano coinvolgere molte persone di una vasta regione. 

L’architettura gotica segna una rivoluzione nel modo di costruire. Il motivo di tale rivoluzione è dovuto a diversi fattori: l’economicità della costruzione e la rarità dei materiali da costruzione, il valore di immagine, la necessità di luce (luminosità) all’interno delle costruzioni.

L’economicità della costruzione era intimamente legata alla reperibilità dei materiali da costruzione e al costo dei medesimi: dovuto alla lavorabilità e all’onere di trasporto dal luogo di origine cava se si parla di pietre, bosco se si parla di legno. E cosa importantissima alla facilità d’assemblaggio in opera.

Il valore d’immagine era legato all’effetto di comunicazione che la comunità, il principe, la corporazione o la confraternita, riuscivano ad ottenere nei confronti della società stessa, la resa in termini di prestigio. Quindi lo scopo non era differente da quello che si richiede alle costruzioni pubbliche attuali: funzionalità, alta fruibilità e immagine che fa parlare.

La necessità della luce aveva un doppio valore quello simbolico mistico, ma anche quello igienico funzionale per l’accoglimento di una massa di persone. 

Alla costruzione della cattedrale veniva delegato un organismo responsabile della gestione politica-economica-finanziaria, con pieni poteri sulle scelte, che rispondeva solamente alla municipalità o al signore.

Questo organismo delegava l’opera, il progetto e la responsabilità di realizzarlo, ad un Maestro d’opera, architetto progettista e direttore dei lavori. L’architetto doveva possedere delle capacità manageriali oltre a quelle tecnico artistiche. Solo lui sceglieva i suoi assistenti e via via tutti gli operatori muratori necessari all’edificazione all’interno di una rigidissima gerarchia basata sulla deontologia professionale, sulle qualità etico morali, e sulle capacità tecniche e di svolgere complessi compiti: architetti tracciatori, sovrintendenti muratori, carpentieri, falegnami, tagliatori di pietre, scultori, cavatori, boscaioli, ecc, ecc.

Il maestro architetto usava come strumenti il compasso a punte fisse e la squadra. Come prima cosa con essi tracciava la pianta della futura cattedrale su un lastra di gesso, detta aia, posta sul pavimento al centro della sala detta loggia. La loggia era il luogo coperto di ritrovo delle maestranze, posto a fianco dell’area di costruzione, ove durante la riunione si valutava lo stato dei lavori, si decidevano il calendario dei lavori e le attività della giornata. 

La pianta della cattedrale, incisa sull’aia, era basata sul quadrato aureo e i suoi multipli mentre le alzate prospetti erano basati sul triangolo equilatero avente per base il lato del quadrato aureo e i suoi multipli. Dalla pianta reticolata e dai disegni dei prospetti tracciati dall’architetto capo, i maestri minusieri, ricavavano il modello in legno tridimensionale: facciate prospetti e coperture. Questo modello in legno che riportava in piccolo tutti i particolari della cattedrale era il punto di partenza modulare di tutta la costruzione. Se smontassimo questo modello – esattamente quello che facevano i gotici – ci ritroveremmo  una specie giocattolo Lego, un’enorme quantità di pezzi riferiti ad una piccola quantità di elementi costruttivi modulari dai quali si ricavavano le sagome in legno o in gesso in grandezza naturale che erano le guide per fabbricare tagliare, nelle quantità necessarie, gli elementi costruttivi in pietra. Un esempio: il rosone della Cattedrale di Chartres è composto di 276 pezzi ma il frutto di solo sette moduli. Ripeto pezzi piccoli per poterli trasportare e assemblare facilmente a qualsiasi altezza senza troppe difficoltà. 

I modelli delle cattedrali di Chartres o di Milano, smontati, starebbero in una super scatola di gioco educativo che qualsiasi ragazzo volenteroso potrebbe ricostruire con relativa facilità: pilastri, volte ogivali a crociera archi a sesto acuto, archi rampanti, coperture continue;  addirittura con i pezzi di una di esse, proprio come per il Lego, si potrebbe costruire un’altro modello di pari valore estetico, strutturale e dimensionato alle esigenze di spazio e superficie, richieste da un ipotetico nuovo contesto urbanistico. 

Costruire una grande architettura con facilità e in economia espressione della comunità che la finanzia.

Costruire enormi strutture senza il calcolo, in quanto non necessario. La cattedrale gotica quindi non è il frutto di un’operazione esoterica segreta, come alcuni pensano, ma il risultato di un operatività razionale fatta da individui di altissimo livello coscienziale tradizionale, attraverso moduli complementari prefabbricati standardizzati frutto dell’esperienza maturata e tramandata nei millenni. 

All’epoca il legno era la materia prima maggiormente utilizzata. Gli uomini del tempo lo usavano per tutto: dal riscaldamento alla costruzione architettonica, alle navi, dall’utensileria alle macchine da guerra ecc. È nella Francia del ‘200, uno dei paesi più popolosi d’Europa, ove il legno scarseggia, che si sviluppa l’architettura gotica. Proprio perché venne a mancare quel legname di alto fusto che serviva per realizzare le grandi coperture, le capriate pesanti, e tutte le strutture necessarie per la costruzione: i ponteggi, le centine d’opera, tavolati e intrecciati. 

Quindi, data la penuria di legname il maggior costo, nelle costruzioni tradizionali, erano le parti di carpenteria. Per risolvere questi problemi di alti costi, e difficile approvvigionamento, venne in soccorso l’ingegno intuitivo dell’architetto gotico tradizionale. Attraverso cosa? L’idea dello scarico di tutte le componenti di spinta, all’interno di un piede o fondamenta del pilone a sostituzione del muro continuo, molto pesante e costoso, utilizzato da sempre. 

E come fare ciò? Attraverso le volte a sesto acuto, esagonali e quadripartite, agli archi rampanti, ai piloni, cioè eliminando le volte a botte, l’arco a tutto sesto e i muri continui. I maestri costruttori si accorsero che usando due archi di cerchio che si incrociano al vertice partendo da un segmento o peduccio, o terzo punto, ottenevano un arco traverso e archi ortogonali comunque autoportanti ma molto più leggeri. Grazie alla verticalizzazione potevano creare volte molto resistenti e sottili tenute insieme da poco legante, con un notevole risparmio di materiale. Volte e archi che diminuivano il momento di spinta laterale. Momento che veniva azzerato facilmente con poco peso antagonista di controspinta. Cosa che si poteva anche realizzare con l’arco ellittico, ottimo dal punto di vista statico e della ripartizione delle forze, però da evitare perché troppo costoso. L’arco ellittico, richiede, per il suo assemblaggio, cunei tutti differenti l’uno dall’altro e quindi non modulari e molto costosi da produrre e oltreché complessi da assemblare.

Cosa significò questo? 

A) La possibilità di costruire per ossatura e non per massa. Quindi architetture molto leggere che coprivano grandi superfici aeree con grandi aperture costituite da archi a sesto acuto tamponate da vetri piombati, l’esatto contrario dell’architettura romana vitruviana, la quale, all’enorme peso delle volte contrapponeva grossi muri continui, muniti di contrafforti nei punti di spinta delle volte, a botte o a cupola. Costruzioni con piccolissime aperture, per non creare soluzioni di continuità che avrebbero indebolito la costruzione, non adempiendo più allo scopo di contro-spinta alle volte. 

B) La possibilità di usare una carpenteria leggera sia per le coperture in legno, tetti, sia per la costruzione delle volte, sia per i ponteggi (non più necessari in quanto le spinte erano concentrate sui pilastri muniti pinnacoli e non più sulle murature) con grande risparmio del raro e carissimo legno.

C) La possibilità di usare le nervature trasversali delle volte a crociera per la costruzione delle volte stesse – le nervature erano le dime di riferimento per la costruzione delle crociere stesse – con grandissimo risparmio di tempo dovuto alla centinatura leggera di carpenteria facilmente rimovibile e riutilizzabile per costruire altre volte. Centine da appoggiare, tavolati e intrecciati da collocare e rimuovere ad altezze vertiginose con facilità eliminando le impalcature che partivano da terra. Quando parlo delle nervature intendo quelle pietre che segnano le crociere degli archi gotici, al cui incrocio di solito c’è un tondo una pietra a croce o chiave di volta, che però non sono portanti e che ebbero una funzione fondamentale per la costruzione della volte a crociera a sesto acuto delle cattedrali in quanto traccia di riferimento per la loro perfetta costruzione ma anche elemento estetico, una volta tolta la centina di carpenteria. Le nervature diventano segno architettonico che nasconde l’incontro dell’intersezione degli spicchi di volte a sesto acuto costruite senza preoccuparsi dell’aspetto estetico nel punto di congiunzione delle pietre.

D) La possibilità di aprire enormi finestre dalle quali far entrare la luce multicolore: creando meraviglia e stupore tra il pubblico, oltre ad una grande abitabilità, vivibilità. 

E) Creare una architettura molto alta, fortemente elastica e leggera atta ad assorbire venti, pesi come la neve, terremoti, e di facile manutenzione.

Anche il tetto a forte spiovente era realizzato con una struttura stupefacente per la sua razionalità, leggerezza ed economicità. Le capriate leggere o capriatine dei gotici erano così chiamate perché realizzate con piccoli legni ed erano poste molto ravvicinate le une alle altre, 70 cm, in modo da eliminare gli archerecci, sostituendoli con tavole, creando una riduzione di uso di materiale di più del 50% ma anche per la sua facile reperibilità. Il tetto a forte spiovente poggiava sul muro perimetrale attraverso listelli di contenimento paralleli e continui in modo da ripartire il peso della copertura rivestita in laterizio, su tutta tutta la costruzione e non solo in determinati punti pilastri come per gli archi.

Creare un architettura alta anche come simbolo di prestigio della comunità, segno unico e irripetibile che svetta al centro della città medioevale. 

I muratori usavano pochi strumenti molto semplici: il compasso a punte fisse, il grande compasso, la squadra, la livella, la corda per triangolare, il filo a piombo, la squadra di volta, le seghe da pietra e da legno, l’ascia da legno, la mazza, lo scalpello, diverse carrucole e gru a ruota di scoiattolo. Tutti questi strumenti li vediamo rappresentati sulle vetrate e negli affreschi e anche incisi o scolpiti in rilievo nelle pietre delle diverse cattedrali: per ricordare ai comuni che tutto fu fatto da mano umana attraverso l’uso corretto degli strumenti grazie all’ingegno creativo.

Sull’origini dell’architettura ecclesiastica in Gran Bretagna molto interessante l’ultimo libro di Ken Follet, Fu sera fu mattina (2020), prequel dei Pilastri della terra (1989) ambientato ai tempi di Riccardo II e Thomas Becket, dal 1135 al 1174. Poco prima della costruzione della Cattedrale di Canterbury.