Le parole di Giorgio Giani nell’articolo che precede il mio sono apprezzabili. Non necessariamente condivisibili. Apprezzabile che l’uomo si metta a disposizione indipendentemente dal suo ruolo e dal chi è. Come – ad esempio – i volontari che aiutano i presidi degli sfollati. Ma nessuno ne fa nomi e cognomi. 

La sensibilità del momento avrebbe, secondo la mia opinione personale, dovuto sconsigliare l’architetto e consigliare il senatore. Che avrebbe dovuto farsi promotore di un processo trasparente. Di Rinascita. Cosa rispondiamo a Calatrava –  che di ponti tanti ne ha fatti – che ha dato la sua disponibilità, ma che – pare almeno a leggere la stampa – non abbia abbastanza genovesità? Perché Ove Arup magari non le avrebbe potuto contribuire con le sue idee? O che so, studi di chiara fama di Genova e dintorni….(se vogliamo rimanere nel provincialismo) non avrebbero potuto ragionare sul progetto? Magari si poteva cominciare a lavorare su un’idea corale. Credo che Renzo Piano non sia in discussione. Ma è in discussione il metodo. Non tutti possono – magari pur volendolo e volendocisi dedicare – trovarsi dopo pochi giorni a parlare con le amministrazioni, i commissari etc.. con un progetto riciclato – visti i tempi di presentazione. Realizzabile. Di certo non evocativo.

Mi torna sempre in mente il Giovanni Michelucci e la ricostruzione del centro di Firenze. I suoi ponti. Ma sopratutto i suoi taccuini e ei suoi sogni. Base o idea da cui poi molti dei partecipanti ai concorsi hanno tratto ispirazione. Michelucci sviluppò un pensiero. Non un progetto fatto e finito in 10 giorni. Poi purtroppo andò come andò, tempi e speculazione ci misero lo zampino e idee che avrebbero potuto evolvere la città fiorentina non videro pienamente la luce.

Circa la visione della città sotto il ponte. E alle teste del viadotto. La città. È evidente da decenni la necessità di miglioramento urbano di quella parte di città. Basta partire una volta dal centro per andare verso il Passo del Giogo seguendo le strade normali. O provare ad andare all’Ikea con i mezzi pubblici. Decenni. Ma non ho sentito il senatore Piano parlarne e battere come un martello. Non ho visto G12 occuparsi di quella periferia. Non c’era bisogno di aspettare il crollo del ponte. Credo che non sia Piano in discussione. Credo sia il metodo.

E il fatto che si è fatto carico di dire banalità su quella parte di città che non dovrebbe e doveva aspettare nessun “salvatore”, ma una direzione politica chiara, pianificazione e progetto. Magari una serie di progetti e concorsi, condivisone e dialogo. Non il Ghe Pensi Mi. Che troppi danni ha fatto e continua a fare.