Occorre riconoscere che l’urbanistica, così come ad oggi praticata, non è in grado di gestire il crescente e veloce mutamento delle condizioni dei territori e, soprattutto, delle città.

Le trasformazioni epocali prodotte dalla globalizzazione indotta dall’avvento delle tecniche informatiche e telematiche hanno generato impatti che inducono continue modificazioni nell’economia, nella società, nell’ambiente e nell’uso del territorio. Tali cambiamenti stanno rivoluzionando tutti i settori mentre la cultura urbanistica è rimasta ancorata alle logiche di un tempo. Le esigenze delle città odierne sono completamente diverse da quelle dell’epoca dello sviluppo industriale: si è conclusa la fase dello sviluppo demografico e della continua domanda di nuovi insediamenti residenziali e per attività industriali che avevano caratterizzato l’urbanizzazione del dopoguerra per cui, oggi, l’attenzione va posta su ciò che c’è già.

Con la crisi dell’industria tradizionale vaste aree sono state dismesse e il tema della riqualificazione urbana ha monopolizzato l’interesse dei pianificatori. Ma le trasformazioni operate negli ultimi decenni non hanno prodotto qualità urbana. Gli scenari che, ad oggi, si prospettano evidenziano la necessità di operare per un’urbanistica capace di mettere al centro il benessere della popolazione e di ricercare un equilibrio fra scarsità delle risorse spaziali e ambientali.

Occorre operare per elaborare nuovi e rinnovati strumenti di pianificazione, più flessibili e capaci di interpretare le nuove domande dell’abitare, del lavoro e dei servizi, rispondendo alle esigenze ed alle nuove modalità d’uso della città e del territorio da parte dei cittadini e delle nuove attività produttive. Una realtà che impone l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei residenti e la creazione di un contesto favorevole all’insediamento ed allo sviluppo di attività produttive, con particolare attenzione alle esigenze di quelle innovative.   

Gli standard quantitativi devono essere associati a standard qualitativi e prestazionali, per assicurare la necessaria resilienza urbana – cioè la capacità di un territorio di prevenire e affrontare correttamente qualsiasi problematica di tipo ambientale e sociale – e la sostenibilità ambientale, verso una nuova cultura di tutela e gestione dei beni comuni. Per assicurare un’effettiva rispondenza ai nuovi bisogni le “dotazioni territoriali” dovranno rifarsi al concetto di qualità delle prestazioni più che a quello della quantità di aree e attrezzature.

I parametri che dovranno regolare la qualità ambientale, sociale ed economica dovranno essere finalizzati al perseguimento dell’obiettivo di rafforzare l’attrattività degli insediamenti urbani e del territorio. In merito è da sottolineare che i processi di globalizzazione attribuiscono un’importanza crescente ai processi di sviluppo fondati sulla valorizzazione delle identità locali.

Il vero limite della qualità, nell’urbanistica e non solo, è che essa è difficilmente misurabile e facilmente opinabile. Una realtà, quella prefigurata, che impone un nuovo quadro normativo che, a livello nazionale, definisca criteri e principi di riferimento per questo nuovo approccio al governo del territorio e che, a livello regionale, vengano definiti opportuni parametri per la valutazione della qualità delle diverse componenti da considerare nella pianificazione regionale e subregionale.

Si tratta di integrare la misura quantitativa con parametri qualitativi e prestazionali utili a generare valore pubblico, a garantire la funzionalità ecosistemica degli ambienti favorevoli allo svolgimento delle attività umane, a rispondere ai nuovi bisogni; il tutto attraverso una valutazione più ampia degli interventi considerando le ricadute economiche, ambientali e sociali.

In quest’ottica, l’attività di valutazione viene ad assumere un ruolo nuovo e preminente nei processi di pianificazione, in quanto l’evoluzione dell’economia si manifesta con frequenti e rapidi cambiamenti influenzando decisamente lo sviluppo urbano e le esigenze delle attività insediate.

Un efficace governo di tale evoluzione presuppone che ogni professionista operante nel settore urbanistico, aggiorni continuamente le proprie conoscenze e ne acquisisca di nuove per adattarsi ai cambiamenti e fornire adeguate risposte alle attese del mercato del lavoro.

Con la globalizzazione, infatti, è andata crescendo la richiesta di competenze sia a livello personale che professionale. Competenze che, oggi più che mai, hanno nell’istruzione e nella formazione elementi fondamentali per conseguire gli obiettivi assunti.

Quando si vogliano perseguire concretamente gli obiettivi prima sinteticamente enunciati la formazione assume un ruolo centrale per realizzare un vero e proprio salto di qualità nel governo del territorio e del paesaggio. Una formazione multidisciplinare che consenta al pianificatore di applicare le conoscenze acquisite in attività di analisi, progettazione e valutazione oltre che di coordinare e cooperare con i diversi specialisti superando le separatezze disciplinari.

La crescente complessità dei problemi da affrontare richiede infatti conoscenze più ampie in campi anche molto diversi, affrontati solo marginalmente nei corsi di laurea classici. In merito va sottolineato che la figura professionale del pianificatore, portatrice di un approccio culturale ampio, in grado di superare le separatezze disciplinari, è ancora poco affermata in Italia.

La professione dell’urbanista richiede un insieme, sempre più articolato di saperi e di conoscenze, capaci di interpretare le realtà sulle quali si opera e di progettare scenari futuri compatibili con la sostenibilità richiesta per lo sviluppo delle città, dei territori e dei paesaggi del nostro paese.

Occorre formare una figura professionale con una formazione di base e con una forte attitudine al coordinamento interdisciplinare.

Il “pianificatore”, in questa logica, deve essere in grado di cooperare e coordinare esperti in campi disciplinari molto diversi, di affrontare i temi della pianificazione a scale diverse, da quella locale a quella di area vasta, prestando particolare attenzione alla centralità attuale della questione urbana.  Una figura in grado di elaborare strategie, politiche e progetti di trasformazione urbana e territoriale che abbiano al centro un corretto uso delle risorse locali e coinvolgano i soggetti interessati (istituzionali, economici, sociali). In conclusione il pianificatore deve possedere conoscenze approfondite sulle complesse relazioni fra le attività umane, l’ambiente fisico, i contesti istituzionali e i processi sociali che influenzano le condizioni dello sviluppo territoriale.

Esigenze che oggi possono essere compiutamente soddisfatte esclusivamente dai corsi di laurea in pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica, consentendo al professionista di assumere responsabilmente la funzione di coordinamento delle équipe progettuali oggi indispensabili per una corretta pianificazione territoriale e urbanistica.

Stante la continua evoluzione delle conoscenze necessarie dovrebbe essere istituito un osservatorio costituito da rappresentanti degli ordini professionali interessati, dalle associazioni degli Enti Istituzionali cui compete il governo del territorio, dell’ambiente e del paesaggio. Un osservatorio che dovrebbe riunirsi periodicamente per definire, in accordo con il corso di laurea, l’evoluzione delle richieste di professionalità nel mercato del lavoro in base alle quali aggiornare contenuti e organizzazione del corso di laurea.

L’evoluzione delle esigenze conoscitive interessa anche i tecnici delle pubbliche amministrazioni e i professionisti esterni operanti nel settore per cui, al fine di garantire loro i necessari aggiornamenti, sarebbe opportuno che – anche attraverso convenzioni con le università – gli ordini professionali definissero percorsi di aggiornamento delle conoscenze necessarie per esercitare adeguatamente la professione.

Aggiornamenti comuni per tecnici interni alle PP.AA. e professionisti esterni che dovrebbero costituire condizione necessaria per affrontare le sfide professionali che si prospettano.

Nella foto il progetto Renca dal modello realizzato dai bambini, alla realizzazione al rustico, al completamento da parte dei suoi abitanti – Alejandro Aravena Elemental