Per ricordare Franco Berlanda, scomparso sabato 29 giugno, abbiamo raccolto i pensieri di alcuni di coloro che lo hanno conosciuto, e con lui hanno lavorato o collaborato nell’impegno personale e politico. Il funerale sarà martedì 2 giugno alle 15.30 al Tempietto crematorio del Cimitero monumentale di Torino. La sua storia è raccolta nel profilo che ci ha mandato il figlio Tomà e che trovate QUI.
Continueremo il nostro lavoro di raccolta di frammenti di storie, coltivando la memoria per guardare al futuro, per comprendere come modificare il presente, cercando di aprire nuove prospettive. Questa è forse la lezione più importante che ci lascia Franco Berlanda.
Ho conosciuto il “Grigia” alla fine degli anni ’60, poi un vuoto di trent’anni fino al 1999, quando collaborava con Mario Virano per migliorare sia dal lato ambientale che da quello estetico la A32. Impresa complicata e interrotta nel 2001. Abbiamo iniziato a frequentarci con una certa assiduità, non solo nelle ricorrenze (25 aprile, 1 maggio, col del Lis, Alpette ecc.) ma anche in convegni vari e per appoggiarlo nella sua iniziativa (riuscita anche grazie al forte appoggio di Umberto D’Ottavio e di Rosanna Abbà) per il riconoscimento formale dei singoli partigiani da parte della Stato. Mi han sempre colpito del Berlanda ( così lo chiamavamo: il Berlanda) soprattutto due cose: l’inesauribile curiosità derivante dalla volontà di fare, di affrontare e risolvere problemi e il pudore, l’eccessiva riservatezza sulla sua storia personale. Mi sono onorato del titolo di suo autista ufficiale e durante i tragitti lo interrogavo ma estorcevo poco, soprattutto sul periodo partigiano. Abbiamo faticato moltissimo a farlo “interrogare” all’ISTORETO da Luciano Boccalatte. Gli chiedevi dei personaggi che aveva conosciuto e ti rispondeva con una risata e qualche monosillabo. Ha voluto caparbiemente un riconoscimento per il passato dei partigiani ma aveva in testa il futuro. Una lezione. Giorgio ARDITO.
Il Comandante Berlanda era una gran bella persona, la si notava subito perché la sua figura alta dritta nobile e slanciata non poteva passare inosservata. Era una figura del classico ufficiale italiano della II guerra mondiale, capitano di artiglieria da montagna. Poi comandante partigiano, e antifascista radicale, sempre presente alle nostre manifestazioni. Lo ricordo felice alla nostra Pastasciutta Antifascista dell’ANPI di Collegno di 2 anni fa. Lo ringraziai dal palco per la sua presenza e gli chiesi un intervento, ma lui si schernì, disse che non era nessuno e non era il caso che intervenisse. Ammirevole nella sua straordinaria modestia, semplicità e signorilità. Alto esempio di una figura straordinaria che ha dato molto alla sua patria senza mai chiedere nulla in cambio. Ezio BERTOLOTTO.
Ci ha lasciato Franco Berlanda, brillante esponente di una generazione che ha saputo coniugare l’impegno civile e politico con il lavoro di architetto e urbanista, condotto con continuità e assoluta coerenza fino a questi giorni, senza mai smettere di guardare al futuro. Antonio BESSO MARCHEIS.
Franco Berlanda ha guidato l’entrata in Torino dei partigiani il giorno della Liberazione. Questo basterebbe a fare di lui un personaggio della storia, ma nella sua lunga vita il lavoro di architetto è stato il vero campo nel quale coniugare gli ideali di giustizia e di libertà con l’organizzazione fisica degli spazi. È suo il progetto di “scuola ideale” realizzato al Barrocchio di Grugliasco con aule, palestre spazi in grado di accogliere e coinvolgere lo studente. Non è mai mancata la capacità di autocritica e di critica sugli obiettivi delle realizzazioni. Fortemente impegnato nella “costruzione” della memoria, è suo il monumento ai 2024 caduti delle quattro valli in cima al Col del Lys dove ogni anno la prima domenica di luglio si ricorda la Liberazione. Sarà dedicata a Franco Berlanda domenica prossima la ricorrenza del 2019. Ci teneva all’idea di un riconoscimento a chi si era battuto per la Liberazione, aveva perorato l’idea di nominare i Cavalieri della Liberazione, ed è stato su suo impulso se a 70 anni dalla Liberazione sono state consegnate diecimila medaglie a donne e uomini, civili e militari impegnati per la democrazia. Un uomo con la schiena dritta e lunga, alto e sempre atletico ci lascia un patrimonio di idee e di proposte che abbiamo il piacere e il dovere di conservare. Umberto D’OTTAVIO.
A tutti noi è noto che nella densa vita di Franco sono tanti i sentieri percorsi e le tracce importanti lasciate da partigiano , da urbanista, da protagonista civile e politico. In questa triste occasione mi piace ricordare anche un suo percorso recente tra gli affetti familiari che lo ha portato a casa di Tomà a Città del Capo in Sud Africa per festeggiare assieme ai figli i suoi 95 anni. Con Liliana (ndr. Bazzanella) eravamo presenti e ammirati dell’affettuosa vitalità di questo grande “vecchio”. Carlo GIAMMARCO.
Conoscevo Franco Berlanda come architetto e per la passione politica che caratterizzava il suo “fare” professionale e la sua vita. L’ho potuto conoscere personalmente in modo tardivo, quando il mio percorso approdò alla responsabilità di Assessore Provinciale alla Pianificazione Territoriale. Una cosa era incredibilmente potente in lui, la capacità di essere, ormai ultraottantenne, lucido e propositivo nelle idee e nelle soluzioni ai problemi del territorio, capacità che lo rendeva molto più giovane nella visione del futuro di altri che, anagraficamente, più giovani di lui lo erano di gran lunga. Le ragioni penso risiedano molto nell’esperienza vissuta, prima fra tutte l’esperienza partigiana ed i rapporti aperti con un mondo di pensatori ed artisti del ‘900 che mai vantava e teneva riservati. Forse apparivano a lui come un fatto normale, non così per noi che viviamo un mondo in declino. Giorgio GIANi.
Era il 15 maggio 2011, giorno di elezioni comunali a Torino. Dopo un sacco di polemiche, ero entrato nelle liste del Pd ed avevo portato a termine una campagna difficile, con intorno la tipica ostilità che, pur dopo tanti anni, veniva riservata a chi proveniva dal mondo socialista della prima repubblica. Ostilità e diffidenza non tanto dei vertici, che in alcuni casi si erano spesi in modo netto, quanto di una base educata a pensarla in un certo modo. Primo pomeriggio, squilla il telefono. Rispondo. “Sono Franco Berlanda. Ho fatto fatica a trovare il tuo numero. Volevo dirti che ti ho appena votato”. Rimango interdetto, perché, pur conoscendolo da una vita, non avevo mai avuto particolari rapporti. Lo ringrazio e lui mi spiega: “Ti ho votato per premiare il coraggio e la coerenza”. Nient’altro. Confesso che rimasi commosso. Da allora iniziò una tardiva frequentazione. Partecipava ancora fino a non molto tempo fa a riunioni politiche, accompagnato da Giorgio Ardito, che lo aiutava spesso. Era una persona speciale e sono orgoglioso di averlo conosciuto. Giuseppe LA GANGA.
Quando, molti decenni fa, mi iscrissi alla Facoltà di Architettura, mio padre – ex partigiano – combinò un colloquio con Franco Berlanda, per aiutarmi a capire i problemi di un mestiere per lui del tutto oscuro (era medico) e magari anche a districarmi nella travagliata baraonda di idee, contestazioni, pratiche irrituali che nel mitico ’68 caratterizzavano il Castello del Valentino. Di quel colloquio purtroppo non ricordo nulla, anche perché ci capii ben poco (non avevo alcun strumento ne familiarità con quel tipo di problemi) ma mi piace pensare che quell’incontro abbia contribuito a consolidare in me l’idea (non piacerà a tutti) che plasmare con l’Architettura un mondo più bello,≪più umano, e più giusto, più libero e lieto≫ per dirla con Calvino, potesse essere un modo per dare un contributo a quel lungo e impegnativo progetto che la Resistenza aveva intrapreso. Franco LATTES
Nella foto il complesso scolastico del Barrocchio a Grugliasco (TO) progetto di Franco BERLANDA.