Pandemia, emergenza climatica e la sindrome di Noè
“Ogni Architetto immagina l’Arca dove portare in salvo l’umanità dal diluvio universale.
La ricostruzione dell’Arca di Noè è stato uno dei temi dominanti dell’architettura moderna, dalla fine dell’800 in poi. Spesso l’architetto si è immedesimato in Noè. Alcuni con la speranza, altri, con la convinzione di poter “salvare” demiurgicamente il mondo corrotto. E con la fiducia di poter toccare, finalmente, terra! Approdare sul Monte Ararat dopo il “diluvio” della contemporaneità.“
Con il Covid-19 e la successiva rapida diffusione planetaria delle sue varianti sono profondamente modificati i protocolli sanitari, di sicurezza e della privacy, i viaggi, la percezione delle distanze tra le persone, dei luoghi e delle città, gli spettacoli, gli incontri e la divulgazione della conoscenza.
I nuovi protocolli di medicalizzazione dello spazio hanno modificato le relazioni umane. Non si sa se e quando si tornerà alla precedente normalità, o come ipotizzano diversi scienziati, ci sarà un lungo periodo di transizione fino a ritrovare nuovi equilibri.
Tali situazioni ciclicamente, con forme diverse, si ripetono.
Dal XVIII secolo, con la nascita dell’industrializzazione, delle scienze e della medicina e del controllo “sociale”, nuove incombenze si faranno sempre più presenti: produzione, profilassi, igiene, sicurezza, salvezza, cura e protezione diverranno essenziali per regolamentare gli spazi del lavoro, magari per rendere più produttive le attività proto e pre industriali.
L’industrializzazione attira grandi flussi migratori dalla campagna alle grandi città industriali e portuali, determinando un’accumulazione umana senza precedenti, e ponendo nuovi problemi ad alcune grandi città europee. “Il contrasto fra l’espansione della popolazione e la permanenza del quadro urbano basta a spiegare l’apparire di una situazione sociale difficile”
Il concetto di densità illustra la nuova strategia: “la grande città scoppia su sé stessa, i volumi urbani non sono più sufficienti, la morfologia urbana (tradizionalmente fissata attraverso il controllo delle altezze, degli allineamenti e dei limiti) non può più contenere l’afflusso delle densità, che accumulando sulla stessa superficie uomini, cose, rifiuti, germi, vizi raggiungono soglie critiche”
Le grandi carestie avvenute tra Sette e Ottocento sono dovute alla promiscuità, alla scarsa igiene, all’insalubrità delle navi e colpiscono tutti, ricchi e i poveri. Le grandi epidemie non fanno distinzione sociale e metteranno in crisi l’assioma, vigente sino al Settecento, della classificazione dell’atmosfera e dello spazio e dell’isolamento dei “vapori maligni” provenienti dai luoghi “infetti”, i “miasmi morbosi”.
Il contagio, la pandemia, la profilassi fanno parte della storia dell’umanità, ciclicamente si ripetono con forme e modalità differenti. Si ha la sensazione che ogni volta se ne perda memoria.
Si ipotizza che la recente pandemia sia scaturita da alcune condizioni di affollamento promiscuo e delle peculiari abitudini igieniche ed alimentari del mercato di Wuhan. Pare che abbiano favorito il “salto di specie” da quella animale agli umani, e la successiva trasmissione e propagazione planetaria del virus Covid-19.
Fino al XIX secolo si credeva che la peste nera si propagasse attraverso i topi, portatori del batterio Toxoplasmosi, e che il principale mezzo di contagio fossero le navi e gli onnipresenti roditori che infestavano gli equipaggi. Solo in seguito si scoprirà che il principale veicolo del batterio fossero le pulci, parassiti particolarmente diffusi nelle comunità.
Tanta era la paura delle condizioni igieniche delle navi che l’economista Duhamel du Monceau, francese fisiocratico e ispettore generale della marina, nel 1759 pubblicava “Mezzi per mantenere la salute agli equipaggi delle navi, con il modo di purificare l’aria nelle sale degli ospedali”.
Dopo le grandi decimazioni delle popolazioni nelle grandi città si vanno delineando nuove profilassi del vivere comune, la medicina Ippocratica Sulle Arie, le acque e i luoghi ha avuto un ruolo fondamentale in quello che Georges Teyssot descrive come “la spazializzazione del sapere”. Aria, luce e spazio diventano condizioni essenziali dell’abitare, non soltanto per gli alloggi, anche per le carceri, gli ospedali, le navi mercantili o da guerra (edifici o fortezze galleggianti).
Alla fine del Settecento, al posto dell’edificio monumentale ed ostentatore del classicismo, espressione delle Legge e delle Regola, si iniziano a produrre architetture che dovranno funzionare come macchine, specie di macchine imperfette.
Tale teoria è applicata a quella macchina bellica per eccellenza che è la nave, poi agli ospedali e i lazzaretti. Si assiste ad una ridefinizione fisica degli spazi.
L’abitare moderno nell‘Ottocento comincia a trovare ampie declinazioni, genealogie, la normalizzazione, l’antropometria dello spazio. Siamo agli albori dell’ergonomia e di nuovi princìpi distributivi, da questo corpus deriveranno gli studi che trasformeranno l’alloggio in una macchina per abitare.
La riforma moderna dell’ambiente tocca per primi i luoghi che destano più paura, come gli ospedali, i cimiteri, i macelli e i depositi d’immondizie…; essa si articola ormai decisamente fra i tre assi principali del programma, dell’istituzione e della tecnologia.
Mentre il programma legifera sui progetti, la tecnologia procede dalla volontà di legiferare sulla tecnica.
Mantenere la salute agli equipaggi (Roger H Guerrard, Le origini della questione delle abitazioni in Francia 1859-1894) è possibile che tale formula contenga il Leitmotiv, il programma di tutta l’architettura contemporanea occidentale, fino alla Carta d’Atene; con la necessità positiva della valorizzazione della vita concepita come ideale di salute, come volontà di accrescere o di conservare l’integrità della popolazione.
I nuovi programmi rispondono ai nuovi criteri di salubrità degli spazi e alla paura del contagio, alla medicalizzazione della vita urbana, all’insularizzazione dei tessuti urbani.
Portare aria, luce e igiene diventano i cardini della nuova architettura, i nuovi temi sono gli ospedali, le carceri, i macelli, i cimiteri, le case collettive, le case a schiera.
L’abitare moderno nell‘Ottocento comincia a trovare ampie declinazioni, genealogie, la normalizzazione, l’antropometria dello spazio.
Siamo agli albori degli studi dell’ergonomia e dei princìpi distributivi, da questo corpus deriveranno gli studi che trasformeranno l’alloggio in una macchina per abitare. Tali studi troveranno espressione nelle molteplici forme dell’abitare attraverso il progetto, il design e l’architettura.
L’edificio Arca tra XX e XXI sec.
Nel XX secolo avviene un importante processo di domesticizzazione della vita sociale, di normalizzazione degli spazi e dei comportamenti, di moralizzazione della popolazione, basate su tecniche di controllo delle pulsioni e di incanalamento dei desideri verso il ciclo produzione-consumo-produzione.
A Vienna viene sperimentato un esempio di edificio città, simile ad una immaginaria e contemporanea Arca di Noè.
L’edificio curiosamente ricorda lo skyline di un Piroscafo dei primi anni del ‘900. Uno schizzo pubblicato da Lotus ne rappresentano efficacemente i caratteri.
“Medicina e architettura ricevono “il bel compito d’instaurare nella città degli uomini le figure positive della salute, della virtù, della felicità” (Roger H Guerrard…)
Le navi, i Piroscafi del XX secolo sono alcuni esempi dell’applicazione delle norme della nuova standardizzazione, non soltanto di quelle igieniche, della sicurezza, della tecnica delle navi a motore, non soltanto del confort ma addirittura, del trasferimento dei nuovi modelli che in alcuni casi reinterpretano la moderna “residenza signorile”, del lusso nella navigazione.
Come descritto in un precedente post, “Utopia della tecnologia dell’”ambiente esatto” e della precisa ripartizione dello spazio abitato, l’edificio diventa nei proclami di alcuni architetti simile ad una macchina per abitare.
L’industria navale diventa modello dei nuovi modelli abitativi.
Complessi residenziali simili a moderne Arche di Noè, residenze proletarie direttamente derivate dalla caserma, dall’ospedale, dall’industria navale, che mutuano le standardizzazioni dei regolamenti igienici. I leitmotiv della nuova architettura sono igiene-morale-estetica.
Un eloquente esempio lo propone Le Corbusier con la metafora della “nave abitativa” dell’Unitè d’Habitation di Marsiglia, 1952.
La commessa scaturisce nell’immediato dopoguerra, nel 1945 e beneficia del titolo di “cantiere sperimentale”. Lo stacco dal suolo i grandi piloni, l’importanza dei servizi collettivi, il ristorante, il terrazzo attrezzato, ricordano il programma dei Piroscafi tanto decantati trenta anni prima.
Le “Arche” contemporanee
Grandi arche del “piacere e del divertimento” le propone l’industria dei viaggi di massa che sembra voler trasferire le visioni dei primi piroscafi e della grande nave dell’Unitè di Marsiglia nelle attuali enormi Cruise. Sono ingigantite a dismisura, sembrano città galleggianti, della coabitazione e dell’intrattenimento, l’industria del divertimento, del lusso standardizzato, dello svago di massa.
Il tema dell’Arca, dell’edificio “salvezza” costantemente ritorna.
Altra tendenza che da un decennio che sta riscuotendo grande successo è l’edificio autosufficiente, autonomo. Che addirittura “produce” ossigeno e consuma CO2 presente nell’aria, a basso impatto e consumo zero.
Edifici coperti da lembi vegetali, realizzati con materiali ecosostenibili, riciclabili.
Sempre più spesso si assiste a convegni e aggiornamento professionale con tema dell’Inquinamento indoor e la sindrome dell’edificio malato. La “cura” che arriva dalle piante verdi e fiorite che depurano l’aria. Edifici come “arche botaniche” e delle specie vegetali.
Edifici, quartieri e città smart, che autoproducono energia, che autoproducono ortaggi ed alimenti provenienti da “orti condominiali” dove si coltivano prodotti agricoli.
Dove intere comunità residenziali di provetti Noè (naviganti e coltivatori), diventati in parte autosufficienti sperano di resistere all’ennesimo diluvio dell’umanità.
Nella foto l’ Unité d’Habitation di Marsiglia progetto di Le Courbusier