L’altra metà della storia (The Sense of an Ending, 2017)
Se volete godervi la Londra di oggi nel ricordo di quella degli anni ’70, senza spostarvi da casa — da turista straniero magari ospite di un vero Peng — proprio come la vivono i londinesi della Middle Class chiusi nel loro Aplomb, ecco un film che poco a poco vi conquisterà lasciando un gentile ricordo e il desiderio di rivederlo per capire. A parte gli scherzi… L’altra metà della storia (The Sense of an Ending, 2017) del regista indiano Ritesh Batra con Charlotte Rampling (Veronica Ford), Jim Broadbent (Tony Webster), quasi un giallo, è un’opportunità per curiosare più di un’ora nelle abitudini casalinghe di intellettuali, docenti universitari, avvocati, funzionari con una buona rendita, gente raffinata minimalista nei consumi, nel vestire, scarpe di buona fattura, al polso orologi di marca, caldi cachemire, auto di piccola cilindrata e l’abitudine all’uso dei taxi; con lavori alternativi — per superare la noiosa vita da pensionati — basati sul proprio hobby, ad esempio la passione per le macchine fotografiche vintage Laica da collezione. Il film è l’adattamento cinematografico del romanzo Il senso della fine di Julian Barnes, pubblicato nel 2011. Grandi le interpretazioni della Rampling e di Broadbent.
L’anziano divorziato pensionato Anthony “Tony” Webster gestisce un negozio di macchine fotografiche vintage Leica a Londra e vive tranquillo. Un giorno riceve una lettera dai curatori testamentari di Sarah Ford, l’attraente madre della sua fidanzata degli anni ’70 Veronica Ford. Sarah gli ha lasciato 500 sterline e il diario di Adrian Finn, amico e compagno di liceo di Anthony, morto suicida dopo che la sua ragazza è rimasta incinta. Nei flashback, vediamo Tony prima al VI anno del liceo, con i quattro amici — Tony, il narratore, Alex, Colin e Adrian — e più tardi all’Università di Cambridge dove incontra Veronica, diventandone il fidanzato, che lo introduce all’hobby della fotografia. Tony, durante una visita alla famiglia Ford nel weekend, ha una relazione sessuale proprio con Sarah che però lo prega di non assecondare la figlia nei suoi desideri. Quando Tony se ne va, Sarah gli fa un cenno con la mano orizzontale all’altezza della vita. Tony non capisce se è un addio amoroso o un segnale di avvertimento.
Veronica in seguito rompe con Tony, non essendo mai riuscita ad avere rapporti sessuali completi con lui: cosa che però accade in seguito. Dopo un po’ di tempo Tony riceve una lettera dall’amico Adrian che gli chiede la benedizione per la sua relazione con Veronica…
Per citare Wittgenstein – il filosofo amato da Adrian – spesso quello che non capiamo ci affascina e ci sembra profondo. Quale è l’altra metà della storia? come mai Sarah (la madre) è entrata in possesso del diario del suicida Adrian e perché lo ha lasciato in eredità a Tony? cosa centra Tony con la relazioni di Sarah con Adrian e il figlio demente nato dalla loro relazione? il film non da risposte perché tutti non la raccontano giusta: tutti hanno tradito e mentono? nel tempo hanno ricostruito una storia a propria misura, che, psicologicamente accettabile, non rispecchia gli avvenimenti del passato?
In L’altra metà della storia, vi sono molte locations di Londra, diverse scene sono state girate nel quartiere londinese di Lambeth in particolare, nelle case di Newburn Street, Orsett Street, Sibella Road, altre a Vauxhall (1661), al Millennium Bridge (2000), al bar della Tate Modern Gallery (2000), all’Highgate Station (1860), di cui è rimasta solo l’antica stazioncina, ora casa privata, a Hornsey Lane nel Crouch End Kitchen, Hornsey Lane Bridge (1887)”suicide Bridge” — progettato dall’ingegnere sir Alexander Binnie (1839-1917) — a Southwark, a Haringey, a Camden e Islington.
Alcuni esterni sono di Bristol. La città è il fulcro della produzione cinematografica nel Regno Unito. Grazie, in parte, alla sua caratteristica molto scenografica. Hanno partecipato alla ricerca delle locations: Marie Allcorn, Cornelius Morpeth, Karen Smith, Elena Vak.
Il regista Ritesh Batra descrive in dettaglio l’esperienza delle riprese nel Regno Unito: “Mi ci è voluto un po’ per capire la riservatezza britannica. Ero abituato a girare a Bombay, a New York o a Città del Messico, dove le persone parlano più direttamente. Durante la pre-produzione, dicevo alla troupe: “Vorrei che lo faceste”, e loro rispondevano: “Sarà un po’ difficile”. “Se è solo leggermente difficile, allora facciamolo”. Torno una settimana dopo e non si è fatto nulla. Bene, scopro che “Leggermente difficile“ significa che è impossibile. Il riserbo britannico, una volta compreso, è molto divertente”.
Gli Spring Gardens (1661) creati ai tempi di Carlo II Stuart (1630-1685) e poi ristrutturati nel 1732, in seguito chiamati Vaux Vauxhall Pleasure Gardens (1784) sopravvissuti fino al 1841 furono uno dei principali luoghi di svago di Londra. Una sorta di esteso parco dei divertimenti, con un’urbanistica complessa dove i visitatori potevano ammirare una serie di false rovine, archi di trionfo, padiglioni cinesi, tende turche, stranezze architettoniche, ascoltare musica, assistere a spettacoli pirotecnici, ballare su una pista. Ascendere il mongolfiera. Pranzare in locande, bere nei pubs. In origine vi era anche anche una loggia massonica. Chiusi definitivamente nel 1859 i giardini furono divisi in 300 lotti edificabili e venduti. Le parti non costruite oggi sono diventate gli attuali New Spring Garden al cui interno si trova la Vauxhall City Farm Park.
La denominazione Vauxhall, deriva dal fatto che i giardini furono realizzati sui terreni che secoli prima erano di un certo sir Falkes de Breauté (morto nel1226), un antico condottiero anglo-normanno, un mercenario al servizio della Corona inglese. Agli inizi divennero noti come Falkes’ Hall, modificandosi poi in Fox Hall e infine Vaux Hall fino a dare il nome all’intero quartiere di Vauxhall che ne conserva ancora alcuni elementi. I Vauxhall furono imitati e costruiti in molte città francesi (1764), Parigi, Marsiglia, Bordeaux e in Belgio a Bruxelles (1781). Il Vauxhall francese era costituito, essenzialmente, da una pista da ballo con un soppalco per ospitare l’orchestra, circondata da due piani di colonnati, con intorno basse costruzioni, bar, privé, negozi di frivolezze, sale di lettura. Il giardino anche in Francia seguiva lo stile Rococò (1730 c.a), rocce, boschi, fontane e giochi d’acqua, grotte. A Parigi in particolare se ne realizzarono due: il Vauxhall d’Hiver poi Panthéon d’Hiver, del 1769, dell’architetto Samson Nicolas Lenoir (1733-19810), eretto, prima nella zona di Saint-Germain e poi trasferito in seguito al Palais Royal, luogo più consono: di prostituzione e gioco d’azzardo. Il Panthéon d’Hiver le guide del tempo lo descrivono come un posto “d’incantevoli voluttuose magie amorose ”. Fra il 1771 ed il 1780 venne costruito un lussuoso Vauxhall con il nome Colisée in avenue des Champs-Élysées.
Ma c’è un’altra metà della storia: nel ‘5/600, a Londra, i massoni, architetti, costituiti in gilda, si ritrovavano, alla luce del sole, oltre che nelle logge di cantiere, in luoghi pubblici, nei pub, nelle locande, come la Ghost and Gridiron, la Crown, la Apple Tree e la Rummer and Grapes. Non si può parlare di architettura in Inghilterra senza parlare di Massoneria. Conta moltissimo ancora oggi. Le logge massoniche ebbero sempre un ruolo importantissimo nel Regno Unito in particolare a Londra, specialmente dopo l’incendio del 1666, proprio per l’aspetto di intermediazione elitario culturale; tramite la pratica di un sincretismo filosofico universale tradizionale, non ideologico, non dogmatico, non religioso, non mistico. Faccio un esempio storico che penso ben chiarisca l’importanza di quanto affermo: Cristopher Wren (1632-1723), l’architetto, fisico, matematico progettista e direttore dei lavori della Cattedrale di St. Paul (1675-1711) (ove è sepolto) presiedeva una loggia proprio all’interno della cattedrale — secondo la regola vigente dai tempi di re Etelredo (847-871) — ove, però, non solo si davano istruzioni per la costruzione architettonico ingegneristica ma anche si parlava di altri temi, culturali e filosofici (rigorosamente vietati quelli politici e religiosi) sempre inerenti all’opera stessa (simbolo del vivere comune). All’epoca di Wren, oltre ai maestri architetti artisti carpentieri tagliapietre scultori potevano partecipare anche i richiedenti “accettati” e “speculativi”: gente proveniente da altre gilde, nobili e comuni, intellettuali, uomini di scienza, religiosi, militari interessati alla perfetta realizzazione della costruzione, simbolo spirituale della città, in tutti i sui particolari. La massoneria è alla base della democrazia liberale parlamentare inglese. Giacomo I Stuart (1566-1625) re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda, il più colto dei monarchi inglesi, assolutista “antidemocratico” e sempre in conflitto con il Parlamento, grande spendaccione di denaro pubblico, in opere che lo celebrassero, figlio e padre di due decollati — la regina Maria Stuart (1542-1547) di Scozia e il re Carlo I Stuart (160-1649) d’Inghilterra, Scozia e Irlanda — nel 1601 fu iniziato nella loggia di Scone e Perthe da John Mylne, appartenente ad una dinastia di architetti scultori scozzesi di Edinburgo poi trasferitisi a Londra. Durante il regno di Giacomo continuò la straordinaria fioritura culturale liberale, detta jacobita, dell’età elisabettiana, nella letteratura, nelle arti e nelle scienze che influenzò moltissimo lo sviluppo economico, architettonico e infrastrutturale della città di Londra.
Nel distretto di Southwark, un quartiere storico sul Tamigi, commerciale e culturale, perfettamente allineato in asse con la St. Paul’s Cathedral e con la Tate Modern Gallery (2000-2016) dello studio Herzog & de Meuron, ancorato al centro dei giardini del Museo d’Arte Contemporanea c’è lo spettacolare Millennium Bridge, progettato dall’architetto scultore sir Anthony Caro (1924-2013) associato della Foster & Partners con la collaborazione di Arup — al cui lato si trova il Shakespeare’s Globe Theatre, una ricostruzione fedele dell’antico teatro elisabettiano, ove tutti i giorni si può assistere alla rappresentazione di un’opera del Bardo di Avon. Questo allineamento urbanistico — Cattedrale, Ponte, Giardini, Museo — è il simbolo “segreto“ architettoneo contemporaneo più alto che la massoneria londinese ha prodotto negli ultimi cinquant’anni.
Il Millennium Bridge è una costruzione sperimentale, difficile e complessa che ha creato un dibattito acceso sulla sua sicurezza (simile a quello sul ponte di Calatrava a Venezia): un ponte pedonale a due piani di camminamento, divisi in tre sezioni di 81 m, 144 m e 108 m (da nord a sud), e la struttura risultante di 325 m; il piano di alluminio ha una larghezza di 4 metri. Gli 8 cavi che sostengono il ponte sono tesi per sostenere 2.000 tonnellate, sufficienti ad ospitare 5.000 persone contemporaneamente.
Tra i borghi di Londra che si vedono nel film c’è Camden Town. I personaggi del film camminano sulla Camden High Street ove si possono vedere le vetrine di negozi stracolmi di stranezze d’ogni genere. Ce n’è per tutti i gusti, una sorpresa continua. In Camden si fa shopping, si osservano le persone e si mangia dell’ottimo street food. Cosa c’è di meglio per aprire un negozio di macchine fotografiche Laica vintage?
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