Quando ho costruito Casa Arpel per “Mon Oncle”, racconta Tati,sono stato criticato per essere contro l’architettura moderna. Ma, guardando bene il film, si capisce che io non sono affatto contro l’architettura moderna, ma contro l’uso che questa coppia fa di questa casa! Una casa da far visitare, ma non da vivere. Potrei sbagliarmi, ma credo che si dovrebbe concedere non solo il permesso di costruire, ma anche il permesso di abitare”.

Sempre Tati: “Mon Oncle mette al confronto due mondi opposti, da una parte quello del successo, in cui tutto è nuovo, ordinato, e dall’altra quello di Hulot, tradizionale, dove rimane ancora un po’ di fantasia, quella che rende possibile la vita umana.

“La pellicola è una riflessione sui cambiamenti innescati dalla tecnologia e dal gusto per la tecnologia e l’innovazione, proiettato verso il futuro, rimarcando limiti e contraddizioni dell’effettivo rapporto fra architettura e società.

Jacques Tati nei panni di Monsieur Hulot in Mon Oncle (1957), si reca a Parigi dalla sorella e dal cognato, gli Arpel, dallo stile di vita molto intenso, ad alta tecnologia, in contrasto con i suoi modi antiquati, calmi, rilassati. Il nipote, il giovane Gérard, è molto attratto dallo zio, con cui ha uno splendido rapporto, perché con lui si sente libero. Ma subisce anche la disapprovazione dei suoi genitori.

Questi decidono di dare un lavoro e una moglie da Hulot. Il cognato lo assume nella sua azienda. Ma le disgraziate iniziative di Hulot costringono il cognato a mandarlo a cercar fortuna in una filiale all’estero. Una volta partito gli Arpel si rendono però conto che la sua presenza portava un po’ di allegria nella loro vita troppo ben organizzata. Il risultato è un capolavoro di gag tecnicamente brillanti, di simmetria stilistica e di alto design. Il film è la visione di Tati del mondo moderno che non è l’ideologia tragicomica di Chaplin di Tempi moderni (1936), bensì un luogo confuso che alla fine è pieno di fascino e umanità. Un mondo accettabile.

In Tati l’architettura, la città, la casa, sono basilari. Al punto che per un altro film, Playtime (1967), fece ricreare una città in miniatura appena fuori Parigi, con tanto di strade in selciato, lampioni, acqua corrente e ascensori. Cosicché il set venne soprannominato Tativille. Playtime però non venne premiato dal botteghino, costringendo nel 1968 Jacques Tati a chiudere la casa di produzione.

La Villa Apple, una villa ultramoderna, dotata di tutti i conforti elettromeccanici, è stata progettata dallo scenografo Jacques Lagrange, collaboratore di Tati in tutte le sue pellicole. È l’autore di tutti gli interni e i bozzetti delle scene dei film Mon Oncle ed è riuscito a infondere nella sua creazione una modernità esasperata, esprimendo visivamente tutte le contraddizioni del modernismo e dell’ultra-funzionale che affascinava la borghesia dell’epoca. Mobili, spazi e interni così poco accoglienti, che sono diventati diegetici. Al di là della sua ironia, i suoi lavori sono ancora una delle opere migliori mai viste al cinema e nel mondo del design. Design esplicitato dalla Ideal Home Exhibition dove viene presentata la porta in grado di sbattere in silenzio o dagli strumenti della cucina, fino alle difficoltà ad usare le sedie in metallo del giardino, tutt’altro che comode. La casa fu ricostruita alla Biennale Architettura di Venezia nel padiglione francese.

Mon Oncle venne girato in tre diversi luoghi. Il vecchio sobborgo parigino di Saint-Maur-des-Fossés è “le vieux quartier”, il luogo ove abita Hulot. La dimora modernista degli Arpels, fu costruita negli Studi Victorine a Nizza, completa di tutto, tetto compreso. Le scene della fabbrica sono collocate a Créteil, poche miglia al di fuori Parigi, dove stava per essere costruita una nuova città.

Photo Villa Apple