Il film Nostalghia (1983) di Andrej Tarkovskij si svolge in luoghi e architetture del paesaggio toscano sabino. Posti meravigliosi percorsi da un ricercatore di verità: il poeta sovietico Andrej Gorčakov, in Italia per scrivere la biografia di Andrej Sosnovskij, un compositore russo del XVIII secolo.

L’opera filmica di Andrej Tarkovskij va vista tutta. Vista e rivista per poi rivederla di nuovo tutta, ritualmente, periodicamente, nel tempo di una vita. Perché Tarkovskij nei suoi film invita  al sacro, alla conoscenza di se stessi in sé stessi, all’interiorizzazione atta a superare il misticismo sentimentale religioso che cerca Dio fuori di sé nell’alterità soggettiva.

Un’indagine investigante discriminante attraverso l’arte, l’architettura, la musica, l’amore, nel silenzio interiore della contemplazione meditativa dell’Opera che si sviluppa attraverso l’artista. All’inizio avevo apprezzato Tarkovskij per la qualità tecnico formale espressiva dei suo cinema, meno per l’aspetto estetico filosofico. Poi ripensandoci, negli anni, ho compreso il messaggio dei suoi film, sia che si svolgano in una stazione spaziale, Solaris (1972), in un futuro prossimo, sia nella Russia del ‘400 di Andrej Rublëv (1966), sia nell’Italia negli anni ’80 di Nostalghia, poco importa. Ricerca in sé che si fonda sull’epifania che l’artista non riceve dal cervello gli impulsi creativi espressivi ovvero dal cuore. Centro ove è effettivamente situata la mente coscienza in un processo che lentamente, interiorizzando, porta l’artista alla costante unione con il principio da cui promana ogni nome e forma: l’automatica costruzione dell’Opera.

Come avrebbe fatto Piero della Francesca se non fosse stato in unione con il principio ontologico a realizzare la Madonna del Parto? O Henryk Górecki a scrivere la Symphony No 3 Op. 36 (1976)?

Quanto sopra è esplicitato nella fiaba di Beriska, sviluppata nell’ultimo Capitolo della campana (1423) dell’Andrej Rublëv: “…il fonditore di campane è morto per via della peste. Boriska il figlio di questi, convince gli uomini del duca di essere a conoscenza del segreto della fusione delle campane, confidatogli dal padre prima della morte. Il compito viene affidato al ragazzo con la clausola che se non fosse stato capace lo avrebbero impiccato…alla preparazione della fusione assiste anche Andrej Rublëv…il giorno dell’inaugurazione alla presenza della popolazione, del duca e della corte, la campana di Boriska suona perfettamente…ma Boriska piange disperato…Andrej gli si avvicina e, rompendo il voto del silenzio, gli chiede perché piange; il ragazzo allora gli rivela che suo padre non gli aveva mai voluto dire il segreto per la costruzione delle campane…”. “Tu fonderai campane, io dipingerò icone” gli dice a questo punto Andrej Rublëv. Tutto è già contenuto nell’unità, quindi cercando in Sé, nel proprio cuore si scopre che tutto accade in Sé; ripeto, l’Opera si compie attraverso l’artista, l’architetto, il musicista, il costruttore di campane.

Anche nella trama di Nostalghia è la ritualità, il sacro, che domina al fine della conoscenza, di chi siamo chi è dio cosa è il mondo; il viaggio attraverso l’apparente pazzia del ritiro in se dal mondo. Nella fiaba, appunto, il poeta Gorčakov incontra il pazzo Domenico che lo invita a fare un viaggio, attraversare la vasca di Bagni Vignone, con una candela accesa senza farla spegnere, per ricevere la conoscenza. Mi viene in mente l’alchemica frase di Ermete Figliolo i pazzi sono i salvati i savi sono pazzi“. Ma anche anche I racconti di un pellegrino russo (metà ‘800) di Anonimo, forse il libro a cui più si è ispirato Tarkovskij. Ne I racconti di un pellegrino russo si spiega che tramite la pratica della preghiera del cuore o preghiera di Gesù, attraverso la meditazione di “Signore abbi pietà di me” o “Gesù abbi pietà di me” e durante il viaggio fisico costante e senza meta giorno dopo giorno, nella sospensione della mente, del giudizio, si può giungere alla inesprimibile pura consapevolezza. I racconti di un pellegrino russo sono al centro del romanzo Franny e Zooey di Jerome D. Salinger pubblicato nel 1961. Proprio come Tarkovskij lo scrittore statunitense ebbe un profondo interesse per il sacro che lo portarono a scegliere una vita monacale, zen, nel suo rifugio di Cornish, nel New Hampshire.

Il viaggio del pellegrino (cristiano, induista, vedantino?) nel film Nostalghia tocca monumenti, costruzioni di grande valore culturale mistico religioso: la Cripta dell’Abbazia di San Pietro in Tuscania (VIII secolo), la meraviglia unita alla sequenza dell’affresco con la Madonna del parto (1455-1465) di Piero della Francesca, Bagno Vignoni (borgo di origine etrusca romana, nel Parco artistico della Val d’Orcia lungo la Via Franchigena) ove avviene l’incontro fra Gorčakov e Domenico. La Badia della Gloria ad Anagni ove vive Domenico, la ove ritroviamo la casa “della fine del mondo”, Santa Maria in Vittorino (XIV secolo) vicino a Cittàducale  all’ interno della quale sgorga una sorgente e la cui acqua esce dal portale formando un fiume, ove Gorčakov brucia il libro e poi si addormenta, il gesto simboleggia il superamento del libro (sacro) (dell’attaccamento culturale) al fine della conoscenza e il sonno del pacificato, il Vicolo della Campanella a Roma: il vicolo del sogno di Gorčakov. Nel finale l’Abbazia cistercense di San Galgano (1288) a Siena, il posto dove San Galgano, in ravvedimento mistico, infisse la sua spada nella roccia – la si può vedere sotto una bacheca; un perfetto restauro conservativo ruskiniano (1928) di Gino Chierici realizzato con grande intelligenza.