Molti anni fa, dopo aver visto Lord Jim (1965) di Richard Brooks, colpito dalle scene in cui si svolgeva il racconto – ambientate in Malesia, a Malacca nell’antico centro storico coloniale, nell’isola di Penang e a Hong Kong nella rada, nel porto, tra i sampan – presi coraggio, feci un lungo viaggio spinto dalla curiosità e andai a visitarle. Molto interessante, ma che delusione … non c’era l’atmosfera del mondo avventuroso del film e tra l’altro neppure quella del libro di Joseph Conrad. Non che non ci fossero i luoghi del film, c’erano tutti. Però le riprese rimontate per ottenere il massimo effetto e coinvolgimento del pubblico non rappresentavano il mondo percepito dal turista bensì solo quello letterario della sceneggiatura. D’altronde anche Canaletto e Bellotto aggiungevano e toglievano parti nelle loro città dipinte, cambiavano le prospettive dei paesaggi urbani che tra l’altro raffiguravano in modo realistico. Inventavano punti di vista inesistenti.
In cima alla lista dei luoghi visti al cinema che mi piacerebbe vedere dal vivo, ma in cui non andrò mai proprio per paura di rimanere nuovamente deluso, c’è la Chemosphere (1960), la villa dell’architetto John Lautner, ove è ambientato il film di Brian de Palma Omicidio a luci rosse (Body Double, 1985). Non che l’opera possa dispiacermi come architettura, anzi. La ritengo un capolavoro ma, estraniata dal film, potrebbe essere un’altra cosa, tutt’altro che coinvolgente. L’edificio si trova in 3105 Torreyson Place, al largo di Mulholland Drive, sulle colline di Hollywood. La casa, progettata per Leonard Malin, è di forma esagonale e realizzata in acciaio, legno, vetro. Sorge appoggiata ad una sottile pila centrale in cemento armato su un terreno con una pendenza di 45 gradi.
In Omicidio a luci rosse De Palma sviluppa una delle sue tipiche sceneggiature per voyeur, ove la casa di Malin è perfettamente funzionale a questo genere di thriller molto particolare: maniacale, misogino sado-hitchcockhiano, erotico. L’atmosfera un po’ strana della villa coincide con quella della trama del film, il mondo californiano della pornografia cinematografica; infatti Scully (Craig Wasson) il personaggio che vi abita temporaneamente essendo stato lasciato dalla moglie – l’appartamento glielo impresta un amico di bar (Sam Bouchard) – sfrutta appieno la vista panoramica a 360° per spiare, con un cannocchiale, Gloria (Deborah Shelton) nuda, che ogni sera fa lo spogliarello in bella vista dietro alla finestra del suo alloggio, sulle colline di Miller Drive. Sicuramente per qualcuno, forse un indiano pellerossa, che nel film non si vede subito: appare molto dopo.
Come in ogni thriller che si rispetti Gloria viene uccisa con un trapano, mentre si spoglia, sotto gli occhi di Scully alla finestra, proprio dal pellerossa; dopo qualche tempo, Scully vede per caso il trailer televisivo di un film a luci rosse, dove una celebre pornostar, Holly Body (Melanie Griffith), si esibisce allo stesso modo alla finestra. Non sto a raccontare tutta la trama, però è evidente che in questo film l’architettura è essenziale per la narrazione, è una delle interpreti principali.
Alcuni storici dicono che Lautner fu influenzato dall’interno del Johnson Wax Building (1936) di Frank Lloyd Wright, in particolare dalle colonne a forma di fungo del grande salone. La Chemosphere sembra una versione vista all’esterno di una di queste colonne. Ma Lautner conosceva bene la struttura della Johnson Wax, avendone diretto la costruzione per Wright, per il quale aveva lavorato proprio negli anni ’30. Forse fu il risultato d’ispirazione reciproca, un progetto creato insieme come usa nei grandi studi di architetti e firmato dal solo titolare dello studio.
Colgo l’occasione per ricordare la Dymaxion House di Buckminster Fuller, un’altra architettura circolare, precedente la Chemosphere, ove le finestre corrono orizzontalmente attorno all’intero perimetro della casa. Un futuristico edificio prefabbricato in metallo degli anni ’20, un esempio architettura che poteva essere prodotta in industrialmente in serie.
Tra le tante, c’è un’altra casa da vedere, non totalmente rotonda, un cilindro sezionato in verticale, distante non so quante migliaia di chilometri da Los Angeles: a Mosca. Quella progettata come sua abitazione dall’architetto Costantin Melnikov tra il 1927-29, concettualmente non diversa della Chemosphere, costruttivista/razionalista, e con la stessa potenza creativa pronta a esplodere.
In ogni caso, nel film Body Double ci sono molte altre location interessanti: si apre al Tail ‘o’ the Pup, che si trovava al 329 San Vicente Boulevard. Un banchetto per la vendita degli hot dog a forma di hot dog gigante, una scultura pop di Claes Holdemburg. Il Cascade Theatre, dove Jake Scully (Craig Wasson) incontra Sam (Gregg Henry), è il Callboard Theatre, l’8451 Melrose Place vicino a Orlando Avenue. E poi il locale Barney’s Beanery, Santa Monica Boulevard, West Hollywood, Los Angeles e lo Spago’s Restaurant, 1114 Horn Avenue, che si affacciava su West Hollywood, chiuso nel 2001.
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