La berlinese DZ Bank (1995-2001), a lato della porta di Brandeburgo, diventa la sede dell’agenzia pubblicitaria dove hanno origine gli intrighi delle competitive protagoniste di Passion (2012) di Brian De Palma. Un erotic thriller che si svolge completamente a Berlino. Un case study per studenti di criminologia psichiatrica. Leone d’argento per la migliore regia nel 2012 alla 69a Mostra internazionale del cinema di Venezia.

Passion rappresenta l’ultimo aggiornamento del cineasta hollywoodiano in fatto di thriller afferma il critico Sebastiano Lombardo – da sempre considerato suo cavallo di battaglia in virtù di un approccio che raccoglie e reinterpreta l’eredità lasciata dal maestro Alfred Hitchcock. Innumerevoli lungo la carriera di De Palma i casi di riferimento esplicito a intrecci e topoi rintracciabili nella filmografia del regista de La donna che visse due volte (Vertigo, 1958).

Il film, scritto da De Palma, è la storia di due donne Christine (Rachel McAdams) e Isabelle (Noomi Rapace), giovani pubblicitarie (spesso in lingerie) ipocritamente attratte l’una dall’altra solamente per ragioni di interesse; la prima, capa e padrona manipolatrice della seconda, con il desiderio di renderla succube, plagiarla, serva utile ai suoi interessi di lavoro, in costante vibrazione lesbo-erotico hard. La seconda, copywriter dalle brillanti intuizioni e giovane opportunista, assecondante, unicamente per appropriarsi del potere dell’altra, totalmente disponibile all’amore saffico. Però entrambe appassionate cacciatrici di maschi stupidi. La pellicola è il remake del film francese Crime d’amour (2010) diretto da Alain Corneau.

Il film di De Palma tratta il tema della tecnologia (telecamere a circuito chiuso) usata per fini persecutori, ricattatori, manipolatori e per creare un delitto perfetto; le due interpreti, Christine e Isabelle, ne fanno un uso smodato al punto da rendere lo smartphone o il MacBook personaggi e lo spettatore un guardone: infatti molte scene che si vedono sono quelle riprese da loro stesse mentre vengono riprese a loro volta, dando allo spettatore la sensazione di essere lui a riprendere. Sta di fatto che la giovane Isabelle, a un certo punto, si accoppia con l’amante di turno di Christine per farle un dispetto, dando inizio a una guerra, colpi su colpi reciproci che portano a estreme tragiche conseguenze. 

Passion è un capolavoro di regia al punto da far invidia all’irraggiungibile Alfred. Però povero di dialoghi, una storia debole, anche le musiche sono poco credibili per creare suspense. Coinvolgente vedere i personaggi che si muovono in modo passionale, concitato, che salgono e scendono scale, percorrono corridoi, si spiano, si baciano in ufficio (subito scoperte da colleghe lesbo gelose), che entrano e escono da ogni dove, sempre in luoghi di altissimo design, in architetture d’autore. E poi vederle mascherate alla maniera veneziana e poi, ancora, l’assassinio di Christine …

Brian de Palma, come Alfred Hitchcock, a cui si ispira citandolo sempre, ha ambientato alcuni dei suoi thriller in edifici con particolari caratteristiche e dalla forte personalità. Conosce bene l’importanza dell’oggetto architettonico al fine di un buon risultato filmico. Vedi la casa Chemosphere (1960) di John Leutener ove nel 1984 ambienta Omicidio a luci rosse, di cui ho già parlato in questa rubrica. 

Gehry a partire dagli anni ’80, quando il suo nome ha cominciato ad assumere risonanza internazionale, è diventato l’architetto di riferimento per un gruppo di celebrità del mondo della celluloide. Gente molto ricca. Portano la sua firma una parte del complesso Epoxy Headquarters appartenuto a Dennis Hopper, a Venice in Florida, un loft di proprietà di Robert Downey Jr., sempre a Venice ed una casa realizzata a New Orleans per la Make It Right Foundation di Brad Pitt. 

Gerhy è un anticonformista dell’architettura. Le sue opere, già da prima dell’uso del personal computer, sono sempre state frutto di creatività unica geniale e irripetibile, di difficile imitazione. Non è collocabile in un genere architettonico, come ad esempio il pregevolissimo Mario Botta, ogni suo progetto non è confrontabile, inconfondibile, con i suoi precedenti. L’amico e regista Sydney Pollack ha girato un lungo documentario su di lui intitolato Frank Gehry, creatore di sogni (2005), che fa ben capire quanto affermo.

Molto importanti sono le sue collaborazioni con artisti, tra i tanti Claes Oldemburg e Coosje van Bruggen. Questi hanno partecipato a molti progetti di Gerhy, rendendo le loro sculture architetture, parte integrante degli edifici stessi: da vedere l’ingresso a forma di binocolo del complesso Chiat / Day Building di Venice in California. Un modo molto diverso dall’utilizzo della scultura in epoche antiche: penso a Juvarra, alla sua facciata della chiesa di Santa Cristina (1716) in piazza San Carlo a Torino. Molto importante di Gehry l’architetturascultura a Barceloneta sul lungo mare di Barcellona. Il Peix d’Or (1992), largo 53 metri alto 35 metri, ai piedi della Torre Mapfre e dell’Hotel Hart molto vicino, dal punto di vista plastico, al Camino sul tetto abitabile e funzionale dell’Unité d’Habitation (1951) di Le Corbusier a Marsiglia.  

Lascio parlare l’architetto. Le citazioni le ho prese dall’articolo di Lorenzo Margiotta “Un altro tipo di ordine, Frank O. Gerhy e il progetto. Un grande edificio urbano a Berlino”: 

“Credo che questo sia uno dei miei progetti migliori. I prospetti non sono frutto di compromessi. Questa costruzione rappresenta la sintesi di tutte le impressioni e i sentimenti che Berlino suscita in me”. 

“Se tentate di capire i miei edifici in base ai punti di vista prospettici, alla coerenza strutturale o a definizioni formali, resterete certamente delusi”.

“Durante il concorso abbiamo posizionato una forma scultorea nel centro della corte (…) per mostrare che volevamo creare un elemento di contrasto nel centro della scatola rettangolare di legno (…). La forma astratta acquisì una presenza e un potere che aumentava via via che eliminavamo dalla corte gli altri elementi”. 

Photo Alfredo Sánchez Romero on Flickr.com : DZ Bank in Berlin Gehry & Partners