Per chi opera nelle costruzioni è ormai normale dover produrre un gran numero di elaborati a corredo di pratiche edilizie sempre più corpose; è significativo che gran parte dei provvedimenti legislativi in materia, siano stati proposti come “semplificazioni”o come testi unici che rimanevano tali solo per un breve lasso di tempo. Tuttavia, l’aspetto più scabroso della pratica edilizia, riguarda i contrasti interpretavi di tra ufficio edilizia e professionista che spesso si risolve con la resa di quest’ultimo proprio per l’asimmetria contrattuale delle parti in gioco. Considerazioni critiche sono legate anche al concetto di “burocratismo“, ovvero quella tendenza alla cavillosità, al formalismo di facciata, alla burocratizzazione eccessiva dei rapporti tra cittadino e istituzione che oggi tende ad assumere i connotati di una vera e propria piaga sociale, stigmatizzata dal recente convegno promosso dall’Ordine degli Architetti di Roma “La buona burocrazia per una migliore architettura“, durante il quale si è affermato che: “Non è più rinviabile una riforma radicale delle norme in materia edilizia per restituire dignità ai professionisti e ripristinare la qualità nell’architettura a beneficio di tutti i cittadini“.
Parlando della realtà Piemontese, le prospettive non sono rosee in quanto l’indice europeo sulla qualità della Pubblica Amministrazione – EQI 2017, assegna al Piemonte il 10° posto tra le regioni Italiane, davanti alla sola Liguria (12° posto) tra le regioni del nord; segno che ci sono ampi margini di miglioramento che devono essere necessariamente colmati, ma quello che ci sembra opportuno sottolineare è la “restituzione della dignità ai professionisti“, i quali devono soccombere per evitare la strada impraticabile della giustizia amministrativa.
Gli stessi principi di effettività e tempestività, sanciti nel processo amministrativo, ossia di ragionevole durata vengono costantemente meno, da questa aberrazione deriva l’aforisma “giustizia ritardata è giustizia denegata”. Quando si parla di metodi alternativi di risoluzione delle controversie o anche di ADR (alternative dispute resolution) il pensiero va subito alla mediazione con il mediatore che, a conclusione del procedimento, deve formulare una proposta di soluzione della controversia. La normativa europea spinge verso la mediazione e di recente la Francia ha approvato la legge 18 novembre 2016, n. 1547 che consente in generale la mediazione in materia di diritto amministrativo senza limitazione alcuna.
Tecnicamente la risoluzione di contenziosi in materia edilizia, ma estendibile anche in altri settori, potrebbe prevedere l’istituzione d’un Ufficio regionale di mediazione amministrativa, messo a disposizione di chi abbia ricevuto il preavviso di diniego dell’art. 10 bis della L. 241 e si limiterebbe ad introdurre un sub-procedimento facoltativo ed opzionale di mediazione e conciliazione; l’interessato, ricevuto il 10 bis, anziché rivolgere le sue rimostranze all’Amministrazione, le può indirizzare all’Ufficio regionale, che invita l’Amministrazione a presentare, entro i soliti 190 giorni, le sue deduzioni ed esprime motivato parere sulla meritevolezza dell’una o dell’altra tesi.
L’importanza dell’iniziativa è evidente sotto vari profili: da un lato, immettendo nel procedimento amministrativo un apporto “terzo”, potrebbe scoraggiare eventuali usi non corretti della pubblica funzione dall’altro, costituirebbe un efficace strumento deflazionistico del contenzioso amministrativo che come giova ricordare, alla data del 31 dicembre 2017 contava 26.015 ricorsi pendenti al Consiglio di Stato e 184.410 innanzi ai TAR. Altro aspetto positivo da non sottovalutare è che l’attività dell’Ufficio regionale di mediazione amministrativa porterebbe alla creazione di una ricca casistica “giurisprudenziale” capace addirittura di prevenire i contenziosi più frequenti.