Siamo arrivati armati delle nostre domande ed argomentazioni pensando di dovere fare un breve botta e risposta con un Presidente preso dalle questioni istituzionali e dalla campagna elettorale. Ne è nato invece un piacevole e colloquio lungo quasi un’ora e mezza, che ha toccato in modo intrecciato tutti i temi che avevamo proposto ed altri ancora.

Molto complesso tentare la sintesi di tutto quello che si è detto; occorre comunque riconoscere che – oltre alla particolare disponibilità del Presidente Chiamparino al confronto, anche con chi, come IN/Arch, non rappresenta un bacino elettorale privilegiato – le risposte ci sono parse puntuali sull’intero arco degli argomenti trattati, approfondite, pertinenti e coerenti; non tutti si identificheranno con le strategie proposte, ma in nessun caso ci si è trincerati dietro l’enunciazione di slogan accattivanti.

L’impressione è che molte delle politiche e delle iniziative attuate o in corso sul territorio, al di là del livello di consenso che riscontrano, siano concepite, nell’ambito delle prerogative del Governo Regionale, tenendo conto al contempo dei problemi specifici di luoghi e dell’esigenza di rimettere in gioco le potenzialità dello scenario urbano e delle politiche territoriali all’interno di un sistema interrelato.

Partiti da qualche nota sulla campagna elettorale i temi sono stati quelli richiamati nel documento pubblicato da IN/Arch Piemonte: effetti e strategie sui cambiamenti climatici; i flussi migratori; la supremazia della finanza; il controllo delle opere pubbliche.

Ringraziamo il Presidente e proponiamo il nostro tentativo di sintesi.

IN/Arch – Presidente, prima di tutto, come va la campagna elettorale?

SERGIO CHIAMPARINO – Ma, la campagna è un po’ disturbata dal clima di litigiosità nazionale, cosa che distoglie l’attenzione dai temi di cui è utile discutere nei programmi per le regionali e le europee. C’è però sentore di una certa stanchezza nei cittadini verso i litiganti proprio per questo continuo litigio, una stanchezza che sembra ricadere soprattutto sulla Lega che qui in Piemonte è per me il principale avversario come i sondaggi dicono.  È una campagna elettorale difficile, ma devo dire che rispetto al suo avvio ci sono segnali positivi per ciò che mi riguarda, che indicano una conclusione per nulla scontata del voto: è possibile vincere.

I – Venendo alle domande che volevamo farle. Abbiamo cercato di fare riferimento a temi che sono di carattere generale ma sui quali naturalmente le chiediamo di esprimersi per ciò che è o può essere la competenza della Regione; si tratta di fenomeni di valenza certamente globale ma che hanno ricadute di un certo interesse sul locale e sul settore di nostro riferimento, il mondo della progettazione, dell’impresa, della produzione che interviene nei processi di formazione e trasformazione della città e del territorio.

Partiamo quindi dal tema dei cambiamenti climatici, gli effetti sull’assetto del territorio, la messa in sicurezza del territorio sia per i cittadini che per le attività economiche, le trasformazioni che ne derivano, la qualità di un nuovo assetto e le innovazioni che possono determinare un cambiamento di strategia verso la sostenibilità ambientale, economica e sociale.

SC – Certamente se noi parliamo in termini di competenza di governo, noi (Regione) abbiamo modo di intervenire sugli effetti e solo parzialmente sulle cause dei cambiamenti climatici, mettiamo a disposizione risorse ed interventi, ma è evidente che il discorso non può fermarsi a quello.

In questi cinque anni pensiamo di aver fatto la nostra parte avviando investimenti ad esempio per la difesa idrogeologica  dei territori, tuttavia sono solo l’inizio di un processo, perchè se ciò che verifichiamo oggi è il frutto di quanto si è avviato molti decenni fa, allo stesso modo oggi possiamo determinare una inversione solo se ragioniamo su politiche i cui frutti inizieranno a farsi sensibili fra 30 / 40 anni, quando noi forse non ci saremo più. Questo non ci esime dall’avere una visione ed un impegno ad ampio spettro ed a medio e lungo termine.

Posso citare cose concrete fatte. Il protocollo d’intesa fra le regioni della Valle Padana nell’estate del 2017 promosso dal Ministro Galletti nell’anno dell’ambiente. È un protocollo che riguarda sostanzialmente la qualità dell’aria e prevede molte misure, in particolare sulla mobilità, sulle quali tuttavia abbiamo registrato anche un certo movimento contrario trasversale, non è tutto così facile come possa sembrare.

Il protocollo è un atto di programmazione concreto che pur con qualche mediazione già avvenuta tra le Regioni va avanti anche se registra qualche contrarietà e qualche protesta che ci rimandano al tema della contraddizione tra la necessità di intervenire e le condizioni concrete dell’economia e più in generale dell’organizzazione sociale.

Qualità dell’aria, mobilità, conflitti sociali e su questo c’è evidentemente il nodo della TAV. Sostengo la TAV perchè io credo che così come un nodo sia il sostegno alla transizione dei sistemi di propulsione delle auto private e dei mezzi di trasporto verso l’ibrido e l’elettrico, credo che lo sia altrettanto programmare il futuro affinché le ferrovie diventino gli assi centrali del trasporto delle persone e delle merci alternative all’autostrada. Questo fa sì che io sia sostenitore della Tav ed in generale del trasporto ferroviario.

Sul temi ambientali e cambiamenti climatici c’è poi tutto il sistema dei rifiuti e dell’energia. Se vogliamo migliorare l’impatto climatico una delle questioni prioritarie è usare sempre più fonti rinnovabili che contemporaneamente producano energia pulita, calore, fresco d’estate. Tra l’altro questo chiama in causa direttamente il vostro settore in particolare sui temi del riuso più che delle nuove costruzioni, questione che ha grandi potenzialità di carattere economico.

I – Non pensa Presidente che tutto ciò richieda un profondo ripensamento dei valori della nostra cultura sul consumo e progresso? Non è utile ragionare su un ripensamento delle priorità, riduzione delle attività con grande produzione di Co2, azioni su comportamenti diffusi controproducenti, per esempio il tema packaging se parliamo di rifiuti …

SC – Si certo, sono però questioni che implicano anche temi etici e filosofici. Oggi chi più di altri produce  emissioni inquinanti, soprattutto sull’aria, sono i paesi in via di sviluppo ai quali da parte nostra, intendo i Paesi sviluppati, diventa delicato dire … noi abbiamo fatto tutto quello che volevamo fare ora a voi tocca rinunciare … bisogna capire come fare, benchè a ben vedere sono quegli stessi Paesi che si stanno accorgendo più in fretta di quanto non abbiamo fatto noi, che occorre una attenzione ed una inversione di tendenza.

Lo dico con una battuta, la “decrescita felice” non è una filosofia innovativa, è una presa d’atto della situazione che c’è nei paesi più sviluppati che va corretta proprio per evitare che diventi “infelice”.

Si contesta un treno (ndr la TAV) ma si usa il Freccia Rossa per andare a Milano o Roma, c’ un problema di coerenza. Su certe cose poi sembra che si vada nella direzione opposta, per esempio lo sviluppo dell’e-commerce che ora pare inevitabile, accentua il ricorso al packaging ma non può essere differente se si vuole portare a destinazione un prodotto intonso.

I – … per esempio si pensa molto al tema del riutilizzo dei rifiuti per la produzione di MPS (materie prime seconde), ma forse si dovrebbe andare verso una minor produzione di rifiuto all’origine.

SC – Non c’è dubbio, peraltro da questo punto di vista e dato che ci sono anche le elezioni europee, si può dire di tutto sull’Europa ed è stato detto di tutto, ma se non ci fosse la Commissione europea come punto di riferimento, forse con una logica eccessivamente tecnocratica e burocratica, su una serie di temi come quelli ambientali non ci sarebbero neppure indirizzi strategici che produce la Comunità Europea, indirizzi che se fossero lasciati alle singole Nazioni, ci troveremmmo con grande probabilità in una situazione più arretrata di quella di oggi.

I – Riprendendo un tema sul quale siamo transitati rapidamente, quello del Riuso, noi crediamo che vada pensato come tema urbano mentre abbiamo la sensazione che sia spesso declinato in modo troppo tecnologico e poco da scenario urbano. In altre parole, si parla molto di risparmio energetico degli edifici in termini di dispersioni e tecnologie impiantistiche e poco di strategie urbane di controllo del microclima, nuovi modelli abitativi e di lavoro, uso dello spazio pubblico. È in realta un tema connesso anche al consumo di suolo, oltre che ridurlo migliorare e/o recuperare quello già consumato. Pensiamo non solo alla città ma anche a parti del nostro territorio marginalizzate o desertificate che con strategie adatte potrebbero essere rimessi in gioco …

SC – Mah, intanto noi abbiamo lavorato sugli strumenti per indirizzare le scelte, il piano paesistico è uno, che interviene su questioni diffuse che non sono propriamente tecnologiche, la legge sul Riuso … che detto per inciso, siamo in campagna elettorale, ma ho sentito un mio avversario (Cirio) dire che vuole mettere in moratoria questi strumenti e dunque siamo in direzione opposta a quella che mi sembra stiate suggerendo con la domanda …

I – … si può fare sviluppo anche nel rispetto del territorio, del patrimonio storico, e di quello sociale …

SC – Ecco! Però mi permetterei di dire che mi pare eccessivo affermare che in Piemonte ci siano zone “desertificate”. Certo ci sono luoghi più in difficoltà, alcune realtà di valle critiche dove la morfologia stessa rende difficili le attività anche se raggiungibili e dotate di banda larga.

Tuttavia ci sono esempi dove pur nella difficoltà nascono nuove opportunità per iniziativa dei Sindaci ed il sostegno della Regione. Penso per esempio al caso del parco dell’Alta Val Borbera, dove non sono tanto le infrastrutturazioni a costituire elemento di rigenerazione ma iniziative di sviluppo adatte ad un territorio che certamente non può avere uno sviluppo di carattere industriale.

Abbiamo fatto in questo senso una legge per l’accorpamento dei fondi che consente di assegnare ad iniziative di sviluppo agro-silvo-pastorali anche legate al commercio dei prodotti ed al turismo, terreni agricoli ed aree che tonano produttive. Si tratta se volete di piccoli interventi che tuttavia mettono in moto micro sistemi economici a basso impatto, modelli dinamici che incrociano il sostegno del PSR, dei fondi Regionali ed Europei.

Stiamo completando i progetti per le aree interne Val Maira, Val Bormida, le Valli di Lando la Val D’ossola.

I – avete pensato ad estendere il provvedimento sull’accorpamento dei fondi agricoli alle antiche proprietà edilizie abbandonate da assegnare per le attività. Sarebbe interessante, molti spazi sarebbero disponibili per nuove attività e si potrebbe recuperare e conservare un patrimonio storico spesso abbandonato.

SC – Si certo ma per le proprietà edilizie tutto diventa più complicato … per ora ci siamo concentrati sul sistema dell’agricoltura

I – Il tema dell’assegnazione a cooperative e associazioni apre al tema della domanda sui flussi migratori, perchè immaginiamo che molto spesso chi rilancia attività di quel genere sono iniziaative che tendono anche al reinserimento di comunità di migranti. Qual’è il clima sociale rispetto al tema dei migranti nella Regione?

SC – Si spesso sono processi virtuosi di integrazione di gruppi sociali ed anche in tal senso sono di un certo interesse. In generale il clima sui migranti non direi che sia da “caccia alle streghe” nel nostro territorio; certo ci sono casi di intolleranza ma si direbbero casi isolati. Non è la cifra del Governo Regionale quella della politica sui migranti, ma comunque abbiamo promosso ed accompagnato attività che vanno verso il coinvolgimento delle comunità sul lavoro, sia nella città che nel territorio agricolo o montano come ho già detto. Certo i nuovi provvedimenti sullo SPRAR complicano le cose e non siamo ancora in grado di valutarne gli effetti nel tempo. È però un tema più politico che certamente ha riflessi sul territorio non solo nei punti specifici dell’accoglienza ma anche per interventi più piccoli e diffusi.

Però, tornando al tema della marginalità. Fatico a pensare al Piemonte in termini di marginalità, esiste un sistema per poli che tendono ad una loro autonomia ed armonia che non è da perdere, il cuneese, l’albese, l’astigiano ed il novarese influenzato dall’area milanese … i punti critici oltre ad alcune realtà di alta valle, sono aree urbane come Biella, Ivrea, Alessandria, Casale, che “faticano” di più a risollevarsi dalla crisi industriale.

I – Ma invece sul piano dello sviluppo viene in mente anche l’investimento su centri di ricerca di eccellenza e il pensiero va immediatamente alla “città della salute”, che pone due temi, l’uno legato alla Sanità stessa, l’altro agli effetti sulla città “circostante” agli insediamenti.

SC – A Novara la città della salute sorgerà sostanzialmente nella periferia liberando un grande spazio interno alla città, nel centro storico, con ampie parti anche di carattere storico da conservare e preservare. Dunque la necessità di pensare ad un riuso misto dell’area, che è un’area grande quasi quanto le Molinette di Torino, esiste ed è pressante per il futuro di quella città. C’è dunque ampio spazio ad interventi di rigenerazione degli edifici e della città nella sua parte centrale.

Su Torino la parte nuova di “Città della Salute” completa un polo terziario previsto dal PRG su un luogo dove si intrecciano e si integrano i sistemi di trasporto su ferrovia su metropolitana, e stradale con l’autostrada.

Un polo terziario che comprende peraltro anche la sede della Regione, sicuramente per gli uffici, visto che invece gli organi di rappresentanza come il Consiglio Regionale hanno già deciso che non si trasferiranno nel palazzo. Devo dire che anche io penso che la rappresentanza elettiva debba essere meno arroccata in un edificio chiuso e più legata al territorio, più “raggiungibile” empaticamente con i cittadini come nel modello attuale.

Sull’intorno i temi da trattare sono ancora molti, le idee hanno bisogno di maggiore precisazione per capire come si evolverà la situazione.

I – questo passaggio ci porta all’ultimo tema che avevamo in agenda, quello degli appalti. La tradizionale distinzione fra progettista, esecutore delle opere, controllore, si è sfocata sia per le nuove normative in continuo adeguamento ma sembra anche che il ruolo del “Pubblico” di garanzia nella distinzione dei ruoli e nella definizione delle scelte non sia più al centro dell’attenzione. La Regione riesce a svolgere un ruolo di programmazione e controllo del sistema per non trovarsi sempre a gestire in emergenza?

SC – Ci troviamo di fronte ad un problema molto complesso da risolvere. Posso essere d’accordo sul fatto che ci siano delle situazioni critiche sul piano della programmazione e controllo, ed esempi negativi in mente ne posso avere. Tuttavia ormai senza un quadro di accordo pubblico privato, il pubblico non sarebbe più in grado di realizzare alcuna opera, benchè a volte emerga ugualmente la volontà di gigantismo che poi conduce a fallimenti o situazioni fortemente critiche.

Nel caso dei presidi ospedalieri per esempio visto che ne stavamo parlando, tutto ciò è particolarmente evidente, l’eccellenza da un lato ed una diffusione sul territorio di strutture più piccole di servizio, che insieme al presidio forniscano anche una specializzazione su un servizio particolare, è una linea sulla quale abbiamo operato. La medicina va in questa direzione, strumenti ed interventi meno invasivi nella normalità, assistenza anche domiciliare, ma mentre questa è la linea di indirizzo della medicina, più difficile è però spiegarlo a quelli che quando devono scegliere di fare un nuovo ospedale scelgono comunque la struttura di grandi dimensioni piuttosto di ciò che serve realmente. Cosa che poi produce maggiori costi sulla realizzazione e sulla gestione. Il project è necessario.

I – Si, ma come si mantiene il controllo del “pubblico”, se tutto viene delegato al project ed agli appalti integrati oggi ritornati alla ribalta? Il pubblico ha deciso di rinunciare alla propria funzione di programmazione e controllo oppure esercita le proprie prerogative?

SC – Detta così non si può che rispondere che deve mantenere il controllo. Devo però dirvi che i segnali che vengono dal pubblico, inteso come luogo delle decisioni, il Consiglio Regionale, il dibattito politico, sono spesso segnali conservativi che tendono a mantenere le cose come stanno … si all’innovazione della medicina ma no alla riduzione dei posti letto. Vale a dire status quo anzichè assumere ciò deriva dai modelli avanzati di prevenzione e cura.

Proprio su Città della salute lo sforzo che facciamo è capire cosa sarà la medicina fra 10 anni, bisogna partire di lì sennò fra dieci anni l’eccellenza non ci sarà. Su questo devo sinceramente dire che vengono stimoli più interessanti ed innovativi dal privato che non dal pubblico.

Peraltro anche dal vostro settore, quello progettuale ma più in generale del dibattito culturale sull’oggetto edilizio ospedaliero, gli stimoli che arrivano sono pochi. Il dibattito forse avviene interno alle categorie ma non emerge pubblicamente.

I – Sì forse ci si appassiona di più sul modello si appalto, sul concorso che sull’evoluzione della disciplina rispetto ai requisiti della nuova medicina.

SC – Forse si, io comunque resto convinto che il dialogo sia la cosa migliore per ottenere la miglior soluzione e peraltro per mettere in moto idee e forze che diversamente non entrano in gioco. Producono esse stesse attenzione e lavoro.

I – Uno spunto molto interessante, chiudiamo su questo stimolo reciproco.

Sergio Chiamparino, 71 anni, è presidente della Regione dal 2014, dopo essere stato anche sindaco di Torino per due mandati, dal 2001 al 2011, ed è iscritto al Partito Democratico fin dalla fondazione.

Candidato alla Presidenza della regione Piemonte. Le liste che lo sostengono, oltre al Pd, sono Liberi Uguali, Verdi, Moderati per Chiamparino, Italia in Comune, Chiamparino per il Piemonte del Sì, Democrazia Solidale e +Europa Sì Tav.