

Giuseppe MASTRUZZO Candidato europeo Nord-Ovest, Movimento 5 stelle
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AGIRE SUBITO PER L’AMBIENTE CON UN’AZIONE INTEGRATA E CONCORDATA
L’influenza umana sul clima è indubbia, e le emissioni antropogeniche di gas serra sono drasticamente aumentate negli ultimi decenni. Il riscaldamento del clima è inequivocabile e, a partire dagli anni Cinquanta, molti dei cambiamenti osservati non hanno precedenti per decine di migliaia d’anni. L’atmosfera e gli oceani si sono riscaldati, le quantità di neve e ghiaccio sono diminuite, e il livello del mare è aumentato. Questi cambiamenti climatici hanno avuto impatti diffusi sui sistemi umani e naturali.
L’ulteriore prolungata emissione ai livelli presenti di gas a effetto serra causerebbe un ulteriore disastroso riscaldamento con cambiamenti in tutte le componenti del sistema climatico, originando gravi impatti pervasivi e irreversibili per le persone e gli ecosistemi. È dunque necessaria ed urgente – prioritaria in ogni programma politico responsabile – l’implementazione di accordi globali e regionali tesi ad una sostanziale limitazione e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e ad un conseguente contenimento dei rischi inerenti al cambiamento climatico.
Un’azione efficace può solo essere un’azione integrata e concordata con la stragrande maggioranza dei popoli e degli Stati. Su questo fronte, l’Europa può fare molto, e deve fare molto di più di quanto ha fatto finora. Quanto al nostro Paese, è evidente a tutti che, piuttosto che continuare a sprecare tempo ascoltando ancora le sirene di gruppi finanziari e di potere che spingono per l’immediata allocazione di ingenti risorse per bucare una montagna ricca di amianto e sostanze radioattive (vedi TAV Torino-Lione), è indilazionabile la preparazione di un piano articolato di protezione del territorio italiano e di quei tanti beni culturali in esso presenti che stiamo per sempre perdendo per incuria e mancanza di fondi adeguati.
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LA MESCHINITÀ NELL’AFFRONTARE LA MIGRAZIONE NON PAGA
La migrazione internazionale è un fenomeno complesso che tocca una molteplicità di aspetti economici e sociali, e aspetti della sicurezza che riguardano la nostra vita quotidiana in un mondo sempre più interconnesso. I processi migratori sono oggi infatti intrecciati con la geopolitica, gli scambi commerciali e culturali, e offrono opportunità per Stati, imprese e comunità che ne beneficiano enormemente. I fenomeni migratori passati e recenti hanno contribuito a migliorare la vita delle persone sia nei paesi d’origine che in quelli di destinazione, offrendo opportunità a milioni di persone in tutto il mondo di assicurarsi una vita sicura e significativa all’estero.
Non tutte le migrazioni si verificano in circostanze positive, tuttavia. Negli ultimi anni abbiamo visto un aumento del dislocamento umano a causa di conflitti, persecuzioni, degrado ambientale e cambiamento climatico, e una profonda mancanza di sicurezza ed opportunità per i migranti e per i paesi che li accolgono. Così, mentre la gran parte della migrazione internazionale avviene oggi legalmente, la gran parte delle preoccupazioni dell’opinione pubblica sull’immigrazione sono venute associandosi alla migrazione irregolare. L’importanza della migrazione come argomento di politica pubblica non è mai stata così pronunciata e non ha mai avuto un così grande impatto mediatico, in specie nei suoi effetti negativi. Si nota tuttavia una mancanza di filtri nel trattare il problema in modo enfatico e declamatorio, piuttosto che basandosi su fatti e analisi con l’obiettivo di meglio comprenderne forme e opportunità. La migrazione è così vista sempre più come una questione politica prioritaria da molti governi, ed in particolare in Italia ha guadagnato urgenza per la miopia dell’Unione Europea e la meschinità di chi in successivi governi ne ha sfruttato le problematiche a fini elettorali piuttosto che darsi da fare per risolverne i problemi.
L’importanza della migrazione per la prosperità economica, lo sviluppo umano e la sicurezza rende evidente che essa rimarrà una priorità assoluta per il prossimo futuro. È necessario che l’Europa ne prenda finalmente atto, impegnandosi subito in una riclassificazione degli accordi per gestire in modo sicuro, ordinato e regolare un fenomeno che si sta sviluppando in un contesto di crescente interconnessione tra persone e Stati, senza cedere alla stupida tentazione di lasciarne il peso ai Paesi di prima accoglienza come l’Italia.
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LA NUOVA EUROPA PROMUOVE I BENI COMUNI E IL SENSO DI COMUNITÀ
Sono tra i 13 promotori che lo scorso dicembre 2018 hanno depositato in Corte di Cassazione un disegno di legge di iniziativa popolare per aggiornare il nostro Codice Civile (promulgato nel lontano 1942, cioè prima della Costituzione Italiana). Vogliamo introdurre nel Codice Civile la categoria dei beni comuni, e prevederne e regolarne altre, tra cui quella dei beni immateriali (pensiamo ad internet e ai social, e a quanto siano importanti ed invadenti nella nostra vita di ogni giorno). A questo proposito, credo che in Europa vada riformato il diritto di iniziativa legislativa popolare, le cui proposte prodotte finora non sono mai state seriamente considerate dalla Commissione europea. C’è un’evidente carenza di democrazia in Europa, e l’unico modo di rilanciarne le istituzioni è di affidarsi all’iniziativa dei popoli e non alla solita casta di burocrati. “La Ue boccia reddito e quota 100: Così si riduce la crescita. Rischio Contagio per l’eurozona,” dice ora la Commissione europea nel suo Country Report, la pagella annuale sullo stato dell’economia dei singoli paesi della zona euro. Dopo aver regalato centinaia di miliardi di euro alle banche e alla finanza speculativa, che invece di creare liquidità e credito per le piccole imprese i nostri miliardi se li sono tenuti stretti, la Commissione si permette di definire le misure di benessere del Governo italiano come una malattia infettiva. Ma la vera epidemia è quella dei comitati d’affari e delle lobby, che abbiamo l’occasione di cacciare via da Bruxelles il 26 maggio.
Sono stato uno dei 12 fondatori del Comitato Rodotà che ha promosso i referendum per l’acqua pubblica. Il Comitato ha ideato e scritto i quesiti referendari proposti alla Corte Costituzionale nel 2010. Questi quesiti, grazie al generoso e formidabile impegno di migliaia di attivisti, sono stati votati da 27 milioni di italiani nel 2011. A partire dalla campagna referendaria, ho approfondito il tema dei beni comuni, che Rodotà concepiva come tutti quei beni che sono indispensabili al pieno sviluppo del cittadino come persona umana, e il cui accesso deve perciò essere garantito a tutti e preservato per le generazioni future, a prescindere dal fatto che questi spazi, beni o servizi siano di proprietà pubblica o privata, secondo gli intenti dell’art. 42 della nostra Costituzione. Le lobby e i comitati d’affari non hanno orizzonte, non pensano al futuro ma solo al loro tornaconto presente. Battersi per i beni comuni significa battersi per il diritto delle generazioni future – i nostri figli! – a vivere in un’Italia ed un’Europa migliore. Battersi per i beni comuni è sia una rivendicazione per l’accesso a risorse fondamentali che la richiesta di un loro governo democratico e partecipato. L’Europa è oggi sulla Terra il continente in grado di offrire la più alta qualità della vita ai suoi abitanti, di garantirne il diritto di avere diritti, e questo diritto va garantito a tutti i suoi cittadini, non solo al 10% più agiato, mentre le recenti politiche di austerità, senza risolvere minimamente i problemi contabili che dicevano di affrontare, hanno avuto un solo, innegabile effetto: quello di aumentare il divario tra la minoranza dei ricchi sempre più ricchi e la grande maggioranza dei cittadini impoveriti e immiseriti dalla crisi.


Daniele VIOTTI, Candidato europeo Nord-Ovest, Partito Democratico
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Nell’attuale bilancio Ue per la lotta ai cambiamenti climatici è stato stanziato il 20%. Sono convinto che l’obiettivo per il prossimo bilancio debba essere passare a un 30%. Per quanto riguarda le azioni intraprese dal Parlamento in questa Legislatura ricordo la Direttiva sul divieto d’uso della plastica usa e getta entro il 2021, verranno vietate le posate monouso, i cotton fioc, le cannucce e i mescolatori. Entro il 2029 si dovrà arrivare al 90% di raccolta per le bottiglie di plastica e una maggiore responsabilità da parte dei produttori che dovranno produrre bottiglie con almeno il 25% di materiale riciclato entro il 2025 e il 30% entro il 2030, e un’applicazione più rigorosa del principio che chi inquina deve pagare. Nella risoluzione sul cambiamento climatico, a firma di tutti i gruppi politici del Parlamento europeo eccetto ECR e ENF, gli eurodeputati hanno accolto con favore i due scenari più ambiziosi disegnati dalla Comunicazione della Commissione europea volti a un azzeramento delle emissioni entro la metà del secolo. Questo scenario può tradursi in una crescita netta di posti di lavoro nell’Unione, dal momento che, considerando tutti i comparti economici, essi cresceranno di 2,1 milioni di unità aggiuntive entro il 2050 nell’ipotesi di zero missioni nette. Nel marzo del 2019 abbiamo votato una risoluzione sull’aria pulita ribadento l’assoluta necessità per gli Stati membri di adoperarsi quanto prima per promuovere un’azione a livello mondiale per ridurre l’inquinamento atmosferico. Attenzione l’UE ha posto anche nel campo dell’edilizia.
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Pensiamo all’Europa come a un bel condominio dove però gli appartamenti non seguono regole comuni e valide per tutti ma ognuno fa come crede, come ritiene sia meglio comportarsi. Esiste una casa comune ma non un regolamento che valga per tutti e la gestione dei flussi migratori in Europa avviene in questa fase storica proprio così.
Come primo obiettivo l’Ue deve avere un sistema europeo comune per l’asilo e l’immigrazione. Occorre poi approvare la riforma del regolamento di Dublino sulla base del testo votato dal Parlamento. Serve inoltre un piano per i migranti in Libia. In questi anni ho insistito con i colleghi, i giornalisti e l’opinione pubblica a non usare più il termine emergenza quando si parla di migrazioni, sono fenomeni naturali che nessuna legge può fermare. Servono politiche comuni e non chiusure sovraniste.
La Riforma del regolamento di Dublino sull’asilo 16 novembre 2017 è un segnale forte che il Parlamento ha lanciato, abbiamo chiesto una svolta nelle politiche d’asilo europee, nel segno della solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità.
Il criterio del primo paese di accesso viene sostituito con un meccanismo permanente e automatico di ricollocamento secondo un sistema di quote, a cui sono tenuti a partecipare obbligatoriamente tutti gli stati membri dell’Unione europea. Viene introdotto il principio che tiene conto dei legami tra il richiedente asilo e lo stato in cui desidera andare (con un allargamento del concetto di famiglia) e rafforzamento delle garanzie procedurali per i richiedenti, in particolare i minori.
Nel Bilancio 2019 il Parlamento europeo ha adottato una posizione fortemente ambiziosa che prevede un aumento di 339 milioni della dotazione assegnata a questa area di policy rispetto a quanto proposto nel Progetto di bilancio della Commissione europea.
L’aumento di 339 milioni è distribuito sulle seguenti linee di bilancio:
- Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (AMIF): + 33 milioni
- Strumento di Cooperazione allo Sviluppo (DCI): + 105 milioni
- Strumento europeo di vicinato (ENI): + 201 milioni
Nel pacchetto del bilancio 2019 approvato a dicembre ho voluto fortemente inserire un remark alla linea di bilancio AMIF che impone alla Commissione Europea di predisporre gli strumenti legislativi e attuativi necessari per fare in modo che, appunto, i fondi AMIF non siano più esclusiva competenza nazionale che in molti hanno iniziato a chiamare “emendamento smonta Salvini”.
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E’ vero che la crisi iniziata nel 2008 ha prodotto distorsioni sul mercato e per favorire un maggiore equilibrio abbiamo affrontato anni difficili, di tagli e riduzioni della spesa. L’Unione europea non deve essere una matrigna cattiva ma attuare politiche armoniche all’interno dei paesi UE che puntino a aumentare lo sviluppo. Occorre puntare sui giovani, armonizzare il fisco nell’UE e introdurre la responsabilità sociale d’impresa. Penso innanzitutto alle industrie e alle imprese del nostro territorio: ai piccoli produttori in Lombardia, alle grandi imprese che ci sono. Ho visitato la Embraco, la Pernigotti, la Polioli a Vercelli. In primis voglio ottenere una direttiva europea sulla responsabilità sociale d’impresa: significa che un’impresa deve farsi carico anche del territorio e quando decide di chiudere deve pensare alle ricadute ambientali e sociali. Voglio ottenere un’armonizzazione del fisco all’interno dell’Europa: non possiamo pensare di avere degli stati membri che fanno concorrenza all’Italia, alla Francia o altri Paesi. Le nostre imprese devono rimanere sul nostro territorio senza che ci sia concorrenza da parte di altri stati sul fisco, sul lavoro e sul costo del lavoro.
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La parola “periferie” è una delle più amate da chi sta in centro. Centro dal punto di vista sociale e culturale, non geografico. Si descrivono questi luoghi attraversati in automobile, osservati dal finestrino e si consegna all’opinione pubblica la propria opinione. E’ una sorta di principio di indeterminazione di Heisenberg applicato su scala urbana: l’osservatore influenza l’osservato. Non c’è verità, se non indeterminata, perché ci sono sguardi e punti di osservazione. Si dice spesso che in periferia non c’è cultura e quindi bisogna portare la cultura in periferia quando in realtà le periferie sono reali e vive e potrebbero portare una parte della loro offerta culturale verso il centro. Un mondo che ha fatto i conti prima di altri con la sostenibilità, la dimensione economica, la resilienza.
Credo che nel mondo dell’impresa vincano quelli che pongono al centro il capitale umano e anche nell’immaginare e progettare luoghi belli dove vivere, città policentriche dove ovunque un cittadino abbia accesso ai servizi, abbia gli stessi diritti senza che nemmeno siano applicati i temi periferia, centro e campagna. Bisogna mettere al centro il valore della persona, dell’essere umano e della dignità.
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Valutazione e monitoraggio sono due azioni strettamente connesse che condividono un’impostazione di fondo, migliorare la capacità delle amministrazioni di programmare i fondi comunitari e nazionali attraverso basi informative per utilizzare in modo sempre più strategico le risorse economiche. Il nostro è un paese che necessita di tante piccole grandi opere, messa in sicurezza del territorio, rafforzamento del trasporto locale per un maggior sviluppo armonico e l’Europa può investire tanto su questi temi. Molto però è ancora nelle mani delle legislazioni dei singoli stati, l’Europa cerca inoltre di favorire le piccole e medie imprese che si ritrovano perdenti nel confronto con realtà imprenditoriali su scala internazionale.