Il termine ‘etica’ fa riferimento al costume, al comportamento e al modo di agire dell’uomo, e dipende soprattutto dalla capacità che ognuno di noi ha di sentirsi responsabile dei propri atti e delle proprie scelte, in quanto ogni scelta di fare o non fare implica sempre delle assunzioni di responsabilità, sia per quello che facciamo che per quello che non facciamo.

Quando si parla di etica non si fa quindi riferimento alle norme che ognuno di noi giuridicamente obbligato ad osservare, ma si allude a qualcosa che va oltre, riguardando il nostro modo di essere cittadini e – nel nostro caso – il nostro modo di praticare la professione.

In merito è da sottolineare come i professionisti che si occupano del governo del territorio abbiano un ruolo rilevante a livello istituzionale, in quanto operano nel settore pubblico, nell’interesse generale, con evidenti responsabilità non solo verso la committenza ma anche verso il pubblico e, soprattutto, verso le generazioni future. Per questi motivi i pianificatori/urbanisti sono tenuti ad esercitare la loro professione in modo etico e responsabile perseguendo esclusivamente il bene e l’interesse pubblico – tra l’altro, rispettando il territorio come risorsa comune, fragile e limitata, contribuendo alla conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, e favorendo uno sviluppo equilibrato delle realtà locali tramite l’apporto di miglioramenti alla qualità della vita. In questa logica il pianificatore, in quanto progettista di scenari futuri, deve pensare a tutto campo equilibrando le strategie locali e regionali con le tendenze globali.

L’assunzione, da parte del pianificatore, di un comportamento eticamente corretto è oggi sempre più complicata dalla continua evoluzione dei ruoli che la crescente complessità dell’attuale fase di sviluppo assegna alla pianificazione territoriale e urbanistica: dai semplici obiettivi funzionali della fase dello sviluppo industriale all’attuale fase di sviluppo globale nella quale vanno sempre più imponendosi sfide culturali, sociali, economiche ed ambientali.

Lo sviluppo in continua e sempre più rapida evoluzione che stiamo vivendo impone al pianificatore di integrare l’esperienza e la conoscenza tecnico-analitica con la capacità di garantire un adeguato coordinamento interdisciplinare delle diverse conoscenze necessarie assumendo il ruolo di regista dell’intero processo pianificatorio.

Una realtà, quella sinteticamente illustrata, che impone al pianificatore/urbanista di non subire passivamente la committenza, ma di operare per garantire buone operazioni, piani e progetti utili alla comunità. Deve evitare di porre le proprie competenze al servizio degli interessi immobiliari che non abbiano ricadute utili sulla collettività valutando attentamente e scegliendo percorsi progettuali che portino alla riduzione del consumo di suolo e alla rigenerazione delle aree compromesse per un’etica ambientale rivolta alle generazioni future.

Va comunque sottolineato che la responsabilità etica del pianificatore è indubbiamente necessaria ma non sufficiente per garantire a tutti uguali diritti in termini di qualità della città e della vita. La gran parte delle trasformazioni urbane, infatti, sono frutto della contrattazione fra pubblico e privato, in cui sempre più raramente il pubblico assume posizioni di forza.