LIBERATE GLI OSTAGGI. PIANTATE ORTAGGI.
La recente moda è l’ostentazione del verde, a volte sembra posto come un “trofeo” di caccia da esporre sul balcone. Una sorta di ecologico rito tribale. In alcune tribù in passato era in uso mostrare i sacrifici e le conquiste sul campo, in battaglia.
Oggi, sembra un obbligatorio glamour, una sorta di tassa da pagare all’establishment degli immobiliaristi. Quelli “buoni” però, quelli che tengono al futuro delle prossime generazioni, e allora, la premialità verde celata al di sotto di milioni di metri cubi di cemento armato e “cimento amato”.
Lo sforzo dei progettisti in molti casi diventa minimo, perché tolte le addizioni vegetali, alcuni edifici sembrano normali e anonimi palazzoni del boom edilizio del dopoguerra.
Magari saranno edifici certificati “green”, in tripla classe A. AAA e poi … abbiamo confuso la qualità architettonica e urbana con i requisiti energetici e con le piantine sui balconi.
Gli architetti sono ormai ostaggio di pressioni del mercato tali da invadere ogni balcone, loggia e tetto con improbabili lembi vegetali, con piante da vaso, perché la città fa paura e allora si richiamano visioni da Jungla, non a caso è chiamata Urban Jungle, foresta urbana.
I proprietari dei terrazzi, delle verande e dei balconi degli ambiti e costosi alloggi sono anch’essi ostaggio dei regolamenti draconiani delle ferree norme condominiali. Guardare e non toccare, potrebbe essere uno dei tanti vecchi tormenti giovanili adolescenziali.
Il verde condominiale impedisce ogni intervento, non si può piantare neanche del basilico. La varietà genetica non fa parte della selezione vegetale messa a dimora, in esposizione. Potranno accedere soltanto degli acrobati, funamboli, i così detti “giardinieri volanti” dai costi di manutenzione a dir poco esorbitanti.
Il pratino su ogni tetto, le piante in vaso su ogni balcone disponibile stanno diventando il passepartout per costruire, a volte, brutti edifici con la pace delle coscienze, basta che soddisfino il comune senso del pudore.
Nei prossimi anni scopriremo e avremo una reale misura dell’attuale stagione.
Gli architetti sembrano ostaggi del sistema, della comunicazione, diventano dei “service” per costruire sono perlopiù obbligati a mettere in scena improbabili maschere di idilliache rappresentazioni.
I giardini e i pratini dei tetti condominiali, la povera erbetta, da giugno a settembre, su tetti poco accessibili è da innaffiare un giorno sì e uno no. Le piante da vaso destinate a restare simili a dei “bonsai”, le specie vegetali ostaggio della nostra percezione della sostenibilità.
Come se la gestione del verde non fosse un importante costo. Il verde è importante, è fondamentale se è radicato al suolo, pubblico, democratico e accessibile, disponibile. Sentirsi nella natura, con la fauna e la vegetazione spontanea, selvatica – eppercheno? – vedere bambini che giocano e scoprono suoni, odori, richiami, che si sporcano le mani, questo è il senso della natura.
Perché non piantare alberi da frutta e ortaggi negli edifici?
Perlomeno faremmo qualcosa di veramente rivoluzionario, perché non coltivare in modo diffuso, come sui tetti di New York che producono più di 20.000 chilogrammi di prodotti biologici e verdure fresche. Brooklyn Grange ospita anche eventi e programmi formativi ed educativi per i nuovi “contadini urbani” di tutto il mondo.