Prima pagina venti notizie
ventuno ingiustizie e lo Stato che fa
si costerna, s’indigna, s’impegna
poi getta la spugna con gran dignità.
Mentre scorrevo le pagine del giornale dense del macabro resoconto delle sciagure che le piogge dei giorni scorsi hanno provocato, ci sono arrivati alla mente i versi di Don Rafaè di Fabrizio De Andrè (1990). La canzone in realtà denuncia la condizione delle carceri e la resa dello Stato alle organizzazioni mafiose. Tuttavia la strofa, forse un pò forzatamente estrapolata dal suo contesto, esprime la drammatica situazione che anni viviamo.
L’elenco delle calamità naturali e degli incidenti negli ultimi anni si è velocemente allungato. Solo negli ultimi 10 anni abbiamo assistito al crollo del Viadotto del Polcevera nel 2018, al terremoto di Ischia e la valanga di Rigopiano nel 2017, al terremoto del centro Italia e all’alluvione in Piemonte nel 2016, all’alluvione di Genova del 2014 e del 2011, al terremoto in Emilia e all’alluvione in Maremma nel 2012, all’alluvione di Messina e all’eruzione dell’Etna nel 2009, all’incidente ferroviario di Viareggio nel 2008. L’elenco è lungo, e la mia memoria avrà sicuramente tralasciato qualche avvenimento. Tutte le volte abbiamo assistito allo sbigottimento, alla celebrazione dei lutti, alla catena di solidarietà per aiutare le popolazioni sofferenti.
E poi…
L’unica possibilità che abbiamo di invertire questa tendenza è costruire un programma serio e concreto di manutenzione dei territori, convogliando lì risorse, finanziamenti e controlli. Parallelamente dobbiamo ricostruire un patto collettivo sulla legalità, perché molti dei danni e delle vittime di questi anni sono frutto di procedure e pratiche illecite, tollerate e ignorate da tutti.
O cambiamo tendenza o del nostro magnifico territorio, che può rappresentare la vera ricchezza del vostro Paese, non ne resterà che polvere.
foto di Adrien Olichon su www.unsplash.com