Di recente sono stata a Tortona e, avendo un po’ di tempo a disposizione, ho cercato i luoghi da visitare. Girovagando su internet ho trovato i riferimenti ai Magazzini del sale progettati a inizio anni ’50 da Pier Luigi Nervi, lo stesso autore del Palazzo del Lavoro di Torino, e di molte altre architetture in Italia e all’estero. Gli edifici – a mio parere di grande interesse architettonico, e sicuramente più vicini alla mia sensibilità dei grandi “funghi” strutturali di Palazzo del Lavoro – erano stati commissionati a Nervi dai Monopoli di Stato, che nel progetto di riqualificazione dell’area ex acciaierie Alfa da destinare a deposito di Sali e Tabacchi greggi avevano previsto la realizzazione di due capannoni per lo stoccaggio e la lavorazione del sale.
Stupita di non trovarne l’indirizzo online, ma fiduciosa nella possibilità di visitarli in un sito adeguatamente segnalato e predisposto per turisti e studiosi, proseguo la mia ricerca sul campo e alla fine li scorgo, sommersi dalle sterpaglie e abbandonati al degrado.
I due capannoni – a pianta rettangolare con volta parabolica culminante in un lucernario continuo – sono un esempio significativo dell’architettura di Nervi, che concentrava il suo lavoro sullo stretto rapporto tra funzione, forma e struttura. Le opere di Nervi, ingegnere e costruttore, sono esempi unici per la qualità dell’architettura e la capacità di coniugare le ardite sperimentazioni sulle strutture all’etica dei costi.
Per meglio apprezzare la qualità dell’architettura consiglierei questa pagina.

A questo punto, incuriosita, cerco di capire se ci sono progetti di riqualificazione, e salta fuori l’immancabile Cassa Depositi e Prestiti Immobiliare che propone la vendita dell’intero complesso; nella scheda, non so se per miopia o per ignoranza, non mostra le foto dei due opifici, che cita solo per indicarne il vincolo della Soprintendenza.
Oltre alle informazioni sulla vendita ho trovato anche uno schema di intervento della società Pentagramma Piemonte (50% CDP – 50% GEFIM) – la stessa che da anni propone la trasformazione del Palazzo del Lavoro a Torino, per intenderci. L’ipotesi di Pentagramma Piemonte prevede a Tortona la realizzazione di un centro commerciale all’interno dei capannoni, la demolizione di tutti gli altri capannoni e la costruzione di nuove residenze per la restante parte.
Non sono riuscita, nel frattempo, a trovare altre notizie, ma intendo approfondire, magari con l’auto di chi legge queste brevi considerazioni.

Proseguo sconsolata il mio giro per Tortona e vado a vedere il Castello, un buffo rudere, rimasto da solo a testimoniare le vestigia del lontano passato, erto su una collinetta cosparsa di rose. Mentre passeggio nel giardino ben curato, tra spezzoni di muro protetti da recinzioni metalliche per evitare che i visitatori vi si avvicinino troppo, mi chiedo che senso abbia investire grandi quantità di risorse pubbliche per proteggere e tramandare dei ruderi e dimenticare il passato più recente. Tortona è un crocevia tra le direttici che collegano Torino, Milano e Genova. Una delle tappe della rotta del sale, dove la presenza dei magazzini di Nervi, e la loro collocazione territoriale in rapporto con la ferrovia, da cui si separano i binari che raggiungono la struttura, sono testimonianza importante della storia e della evoluzione economica della regione, oltre a raccontare di un periodo fecondo dell’architettura e della costruzione.
Con ciò non voglio certo affermare che bisogna abbandonare le testimonianze del passato remoto a favore di una memoria più recente. Tuttavia sono fermamente convinta che non possiamo investire le risorse solo per trasformare i nostri centri storici in piccole disneyland per attrarre visitatori e turisti, spinti da un desiderio di competere con le altre città.
I capannoni di Nervi non possono, forse, divenire musei di se stessi, andando a gravare sulle smunte casse delle amministrazioni pubbliche, ma nemmeno devono essere snaturati e sviliti ad esclusivo vantaggio delle esigenze dei privati e della grande distribuzione, magari controsoffittati o deturpati dagli impianti. La svendita del patrimonio pubblico cui stiamo assistendo in questi anni, perseguita con indifferenza e noncuranza, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti e altri strumenti, rischia di disperdere un patrimonio unico e irripetibile della nostra identità e della nostra storia, e di privarci dei beni sui quali potremmo invece ricostruire la ricchezza culturale e materiale del nostro paese.