parte seconda

La prima parte QUI

La scena medioevale che presenta Grazzano Visconti fu realizzata su uno schema planimetrico svincolato da un assetto urbanistico regolare, per renderlo più ricco di valenze scenografiche. All’estro del conte Giuseppe si devono non solo i disegni delle case, ma anche la realizzazione degli affreschi, pitture, decorazioni scultoree.

Via via sorsero così i vari edifici, rispondenti alle linee architettoniche che si pensava fossero proprie dei primi secoli del secondo millennio. 

Fra le costruzioni subito ultimate, nel 1906, vi fu l’Albergo del Biscione con la caratteristica insegna in ferro battuto forgiata a fuoco dal martello di un fabbro della prima officina. Poi la “palazzina della Istituzione”, le botteghe artigiane, l’edificio delle “Regie poste e telegrafi”, e la chiesetta gotica.

Nel 1915 il piccolo centro abitato (imperniato su via Carla Erba Visconti e Piazza Gian Galeazzo Visconti) aveva definitivamente assunto l’attuale conformazione. La piazza principale, detta anche del Biscione, venne completata negli anni successivi con la torre merlata, la fontana, il pozzo in cotto e marmo rosa, il Palazzo Podestarile connesso alla palazzina della Istituzione, prima sede della scuola di avviamento all’artigianato.

Venne aperto successivamente anche un teatro, ricavato in un caseggiato esistente utilizzato come deposito di carbone per la linea tranviaria che fino al 1916 aveva attraversato l’abitato. È qui che un tempo si rappresentavano le favole scritte per diletto dallo stesso Giuseppe Visconti, e dove Luchino Visconti, (quarto dei suoi sette figli), da ragazzino allestiva gli spettacoli di burattini per le sorelle più piccole.

Tra le prime costruzioni per attività produttive ci fu la “Cortevecchia”, una vera e propria cascina agricola. Progettata del 1905 dell’architetto Campanini, consisteva di una grande stalla per le mucche da latte, il ricovero per gli attrezzi agricoli, i silos e la casa dei mezzadri. Il complesso venne distribuito attorno ad una grande aia, la più grande piazza di Grazzano Visconti, che ora è diventata un’area agro-turistica, sviluppata su una superficie di circa 7.000 mq., per buona parte destinata ad area verde e percorsi a libero accesso.

I fabbricati, un esempio di bella e sobria architettura, sono una testimonianza della civiltà contadina di inizio novecento e conservano intatta la propria tipologia, che si armonizza con il borgo di Grazzano Visconti. In particolare il corpo di fabbrica principale – ora destinato a esercizi commerciali e sala mostre – viene descritto in una pubblicazione (Gaetano Paterlini, “Le opere di Alfredo Campanini”, Bologna 1991) come “una costruzione imponente capace di ospitare fino a novanta capi di bestiame”.

Nel villaggio si trova perfino una ghiacciaia, una singolare costruzione a forma cilindrica di circa 35 metri di diametro, dalla volta e dal fondo in cotto e dalle pareti in sassi e mattoni, profonda per oltre quattro metri e sporgente dal piano campagna con una cupola.

L’Antica Stazione di Grazzano Visconti fu costruita più tardi, alla fine del 1928 dalla società S.I.F.T. (Società Italiana di Ferrovie e Tramvie) che all’inizio degli anni ‘20 del novecento aveva acquisito la ferrovia Cremona-Piacenza-Bettola dalla società inglese The Piacenza Bettola and Cremona Tramway Company Limited.

Anche la Stazione fu progettata in coerenza con il cosiddetto “stile Grazzano Visconti”. Una pianta rettangolare su due piani. All’epoca il pianterreno era adibito a necessità funzionali (biglietteria, sala d’attesa, locali di servizio) ed il primo piano a residenza. Era classificata in “categoria B”, comunque con una sala d’aspetto separata per i passeggeri di prima classe rispetto a quelli di seconda classe. Nel 1932 la linea ferroviaria venne elettrificata e vi si fecero transitare i convogli simbolo del ventennio, le “littorine”. La Stazione chiuse definitivamente nel 1967 e negli anni ottanta venne acquistata e riadattata per farne un ristorante.

Qualche cenno biografico – tratto da un articolo di Mauro Colombo del 2017 – merita certamente il progettista che affiancò il conte nell’impresa. Alfredo Campanini (1873-1926) era nato in provincia di Reggio Emilia ma presto si era trasferito a Milano, dove si laureò in architettura, presso l’accademia di Brera, nel 1896, come allievo di Camillo Boito. Unendo le sue riconosciute capacità di progettista all’attività di impresario edile non tardò ad affermarsi a Milano. Fece così una esperienza professionale particolare che gli permise di unire gli aspetti pratici a quelli artistici. Seppe in tal modo progettare e realizzare alcune delle più apprezzate costruzioni liberty milanesi.

Dopo la prima guerra mondiale, concluso ormai il suo impegno a Grazzano Visconti, accentuò l’attività imprenditoriale a discapito dell’elaborazione di architetture elitarie. Campanini si dedicò soprattutto alla costruzione di edifici per abitazioni medio borghesi, “senza più quell’impronta che aveva caratterizzato i primi anni di attività”. E fu proprio durante la costruzione di un condominio a Milano che l’architetto, appena cinquantatreenne, trovò la morte, inaspettata e tragica: mentre si trovava su un’impalcatura collassava di colpo l’ala del palazzo alla quale l’impalcatura stessa era ancorata, trascinandolo con sé.

Cosa è oggi Grazzano Visconti? Un bellissimo borgo definito comunemente in “stile medievale”, situato nel territorio del Comune di Vigolzone, in provincia di Piacenza, da cui dista circa 15 chilometri. L’intera superficie del borgo (circa 210.000 mq.) è ancora di proprietà dei Visconte di Modrone. A poco a poco ha perso la sua vocazione artigianale per sostituirla con l’attività turistica come fonte principale di redito. Ciononostante, la sua popolazione è rimasta costante. 

Dagli anni cinquanta, quando la produzione artigiana era ancora fiorente, ad oggi, il numero di abitanti è stato costantemente superiore a 200 ed anzi è cresciuto lentamente anno per anno. Oggi sono 275. In ogni caso, molti meno di quando, secoli or sono, si viveva nelle baracche che ospitavano i poveri contadini (l’estimo del 1576 contava a Grazzano 613 abitanti).

D’altra parte, sono censiti a Grazzano Visconti complessivamente 97 edifici, dei quali solo 91 utilizzati. Di questi ultimi 60 sono adibiti a edilizia residenziale, le cui stanze abitabili in tutto sono meno di 200. Con gli standard attuali, la popolazione non potrebbe crescere molto, anche se la bellezza del luogo sarebbe capace di attirare nuovi e appassionati residenti.

Ma cosa spinse Giuseppe Visconti a dare al suo sogno realizzato questa impronta di un passato molto lontano, quando in altre località sorgevano villaggi aziendali concepiti con un’architettura più funzionale ed esteticamente più avanzata?

Ci soccorre, nel tratteggiare con poche parole cosa probabilmente gli suggerì questa scelta, un bel saggio di Nicolò Maggio, “Medievalismi italiani: una questione nazionale”, di cui riporto una mia modesta sintesi.

Visconti era certamente uomo della sua epoca. II suo sguardo nostalgico al passato va ricondotto al movimento filosofico-letterario di cui era imbevuta la cultura dell’ottocento, il romanticismo. Anche lui fu affascinato da ciò che veniva esaltato: “… il cristianesimo, il sogno, l’avventura, l’irrazionale e l’immaginazione creativa …”, e portato a individuare in particolare nel Medioevo l’epoca ideale per proiettarvi sentimenti, bisogni ed aspirazioni. 

L’età di mezzo divenne il periodo cui fare riferimento per “… cercare rifugio e salvezza dalle brutture dell’industrializzazione e dai mali del presente …”, E come tale, un simbolo dell’Ottocento e della borghesia che si affacciava sul mondo in cerca di legittimazione. 

Inoltre, “… con il suo rifarsi all’architettura civile e religiosa dei Comuni italiani medievali in lotta per difendere l’autonomia e la libertà …  il revival romanico interpretava idealmente le aspirazioni risorgimentali del popolo e si caricava di valori civili, politici, morali e patriottici nei quali l’Italia delle guerre di indipendenza e della successiva unificazione, in cerca di una nuova identità, poteva riconoscersi …”

Camillo Boito, illustre architetto e progettista, fu una delle figure più importanti e rappresentative del rinnovamento della cultura architettonica italiana del periodo. A lui si deve il risalto dato al carattere civico, morale e unificante del romanticismo, “… in quanto derivato da quegli stili nazionali del Medioevo bellissimi e rappresentanti usi e costumi, concetti che ancora serbiamo nel cuore perché furono forza e parola de’ padri nostri …”. Insegnamento che trasmise anche al suo allievo Campanini, coautore con Giuseppe Visconti dell’insediamento di Grazzano.

Certamente, il medievalismo ottocentesco in Italia non si presentò mai come un fenomeno omogeneo ed unitario, e si sviluppò con caratteri differenti da regione a regione, a seconda del gusto della committenza borghese del tempo o dagli intenti di artisti, architetti, restauratori, letterati, scenografi. Si affermò semmai come un movimento culturale aperto alle influenze internazionali. E l’Italia “… non avendo una tradizione statuale unitaria, né epopee dal significato nazionale cui guardare, [soprattutto] durante il Risorgimento attinse la propria identità e le proprie fondamenta storiche … dall’età di mezzo e dai miti locali … segnando il trionfo nelle arti e nella letteratura di un peculiare quanto originale medievalismo politico …”.

Il Medioevo, come contesto storico di concorde riferimento per il riconoscimento di un’identità nazionale, divenne perciò paradigma della modernità, interpretazione sorretta dal consolidarsi delle scienze etnografiche e dalle prime, seppur tragiche, esperienze di espansionismo e colonialismo italiano. Ne fanno fede, tra gli altri esempi di poco precedenti o coevi alla progettazione di Grazzano Visconti, i padiglioni regionali che venivano allestiti durante le fiere e le esposizioni riproducenti centri urbani tradizionali con figuranti e bottegai in costume. Ed ecco spiegata la concezione di Grazzano Visconti.

Peraltro, la fine del XIX secolo segna il passaggio ad una tendenza di gusto condivisa più marcata, “… ad uno stile cioè che sappia superare le rigidità del classicismo e mediare gli eccessi del gotico: è il Neorinascimento il nuovo volto delle moderne città borghesi e della classe dirigente, e non più il Medievalismo intriso di valori etici, politici, ideologici, patriottici …”. 

Per concludere va ricordato comunque, come osserva Alexandra Chavarrìa Arnau (2016), che nell’analisi dei centri urbani, non solo italiani, l’archeologo delle architetture storiche non può evitare di chiedersi come affrontare “… il tema dei restauri-reintegrazioni-ricostruzioni più o meno impegnativi che, dall’inizio dell’800 e per più di cent’anni, si proposero di riportare un Medioevo romantico per le strade delle città europee e d’oltre oceano …”. Perché le motivazioni di questo fenomeno che, di volta in volta, mutano a seconda del periodo storico, dell’ambiente culturale e degli interessi dei committenti e soprattutto degli architetti, non ci permettono di immaginare un Medioevo “unico” e condiviso, ma rimandano ad una miriade di interpretazioni variabili a seconda delle città e del momento in cui venne riproposto.

Letture

  • Aa. Vv., Grazzano Visconti. Paese di sogno e di realtà, Casarola Piacentino 1953
  • Aa. Vv., Il neomedievalismo di Grazzano Visconti, Grazzano Visconti 2007
  • Giuseppe Valentini, Grazzano Visconti. Una città artigiana neogotica, Padus 2008
  • Mariano Andreoni, Grazzano Visconti, Edizioni L.i.r. 2013
  • Alexandra Chavarrìa Arnau, Il “Medioevo fantastico” dalla prospettiva dell’archeologo, Archeologia dell’Architettura XXI 2016
  • Mauro Colombo, La tragica morte dell’arch. Alfredo Campanini, milanoneisecoli 2017  http://milanoneisecoli.blogspot.com/2017/01/la-tragica-morte-dellarch-alfredo.html
  • Nicolò Maggio, Medievalismi italiani: una questione nazionale, Materialismo storico, Rivista di filosofia, storia e scienze umane 2019
  • Ferruccio Pizzamiglio, Renato Passerini e Oreste Grana, Giuseppe Visconti di Modrone e il suo borgo neomedievale, Ediprima 2020