La soluzione del gioco pubblicato sulla Newsletter 61 è l’edificio per uffici e abitazioni in via Giolitti angolo via Pomba a Torino, progetto di Gino Becker e Josef Rosenthal, 1960.

Hanno indovinato nell’ordine Stefano Vellano, Andrea Sanzin e altri.

L’esemplarità di Becker, architetto morto relativamente giovane, autore di poche ma qualificate opere che tanta influenza ha avuto nella cultura torinese degli anni ’50, sta soprattutto nel suo impegno morale e politico nel mondo professionale torinese e nella cultura anche didattica, tra­smessa, lui non docente, agli studenti che anteriormente al ’68 frequentavano la Facoltà di Architettura. Esisteva in quel momento una profonda frattura tra realtà urbana e Facoltà, depositaria di una cultura ufficiale e – attraverso la riduzione tecnicistica — della fiducia di una ristretta casta professionale. Per gli studenti più avvertiti, il confronto con la realtà di una situazione in rapida evoluzione, la dimensione politica del proprio ruolo non potevano essere confrontati che all’esterno, con pochi docenti o professionisti: anni fervidi di idee, quelli del ’58-’68, in cui gli studenti organizzavano convegni sul rapporto tra Facoltà e professione, dove Berlanda, Passanti, Benevolo, Becker e altri trasmettevano in accorate riunioni, esperienze quali quelle della già allora rinnovata facoltà di Venezia. In quel clima e in quegli anni Gino Becker ha prodotto alcune tra le più interessanti architetture in silenzio. In particolare questo edificio realizzato con Rosenthal, inserito in uno tra i più interessanti tessuti della Torino barocca, e destinato a un complesso e tipologicamente nuovo sistema per uffici, un albergo e poche residenze private.

Il contesto già sede di prestigiosi palazzi sei e settecenteschi bombardati in maniera irreparabile nell’ultima guerra, era stato oggetto di un rinnovo urbano, così come suggeriva la cui- tura di allora, interpretando in chiave stilizzata impianti e motivi cari ai fautori della ricostruzione dell’assetto prebellico (di cui Chevalley era la più genuina espressione). Il progetto si impronta invece a una chiara e intelligente proposta di matrice funzionalista. Con l’utilizzo integrale del lotto sui fili urbani antichi, deriva un complesso ad angolo sulle vie Giolitti e Pomba, eseguito in courtain-wall arricchito da un prezioso basamento in muratura e dai sapienti bow-windows che in alto intersecano le falde di rame. All’internò del cortile la traccia dell’antica costruzione viene esaltata da un edificio a dipendenza dell’albergo con una splendida tessitura in mattoni e finestre a nastro. Il complesso che ricorda, per impostazione del metodo, il Rautatalo di Alvar Aalto, filtrato attraverso le esperienze di Albini o di De Carlo, è stato un riferimento per le tematiche del costruire nei centri storici nelle prime discussioni su di una teoria di intervento; diametralmente all’opposto, ma altrettanto valida, delle posizioni del «gruppo dei torinesi», questa ricerca nulla ha a che vedere con gli approcci correnti, mimetizzati nel falso stilistico, o nel più anonimo International Style.

tratto da Agostino Magnaghi, Mariolina Monge, Luciano Re ”Guida all’architettura moderna di Torino” Celid Torino 2005