Caterina II di Russia “la Grande”, alla fine del settecento, voleva favorire l’occidentalizzazione di un paese enorme ma arretrato e contadino come il suo. Per farlo, prese ad invitare le élite culturali nella Nuova Russia (oggi Ucraina), privilegiando quella italiana, a conoscenza di quanto i suoi governanti, i suoi intellettuali e i suoi artisti avevano saputo fare, dal Rinascimento in poi, con il concepimento, la creazione e l’abbellimento delle loro città ideali, dopo il declino e la fine del periodo feudale e medievale.
La scelta dell’imperatrice fu dettata dall’ammirazione e dalla consapevolezza della superiorità degli italiani nelle esperienze compiute di progettazione delle “città nuove”.
E gli intellettuali italiani risposero alla chiamata. Dalla fine del XVIII secolo si avventurarono in un’impresa coloniale inusuale, la pacifica conquista della nascente città russa di Odessa. [Perico, 2014] Partirono senza armi, navi o soldati, col solo bagaglio delle loro idee e seppero trovare accoglienza rispettosa, concepire e configurare la forma della città, importando il “modello” di un’Italia ancora divisa in tanti piccoli Stati, ciascuno dei quali però contribuiva a rafforzare l’immagine complessiva di un paese ricco di stimoli da imitare. E portarono enorme giovamento alla crescita dell’attività commerciale di quella che poi sarebbe diventata la maggiore città portuale del sud della Russia.
La zarina volle entrare personalmente in contatto con i pensatori, i politici, gli economisti e le figure di spicco culturale italiani, come Beccaria, Galiani, De Rivarola, Cimarosa, Sarti e Paisiello [Makolkin, 2004], da cui intendeva raccogliere suggerimenti per progettare e realizzare il suo ambizioso nuovo centro urbano, che doveva diventare anche un porto di riferimento per accedere o provenire dal Mar Mediterraneo.
Odessa quindi divenne una delle poche città europee del XVIII secolo ad essere concepita come struttura di nuova concezione, avente in quanto tale il teatro quale principale attrazione, che Caterina considerava il punto focale dell’equilibrio classico di un insediamento innovativo. E così avvenne.
La vita di teatro a Odessa iniziò immediatamente, inizialmente in fabbricati costruiti anche in maniera sbrigativa e adibiti a quest’uso, oppure nelle case private degli aristocratici della città. Il vero Teatro non fu eretto a Odessa fino al 1804 (dieci anni dopo la fondazione): da quel momento la comunità musicale, e non solo, poteva avere dimora permanente. L’elegante teatro dell’opera di Odessa fu perciò tra i primi edifici pubblici ad essere realizzato, per ospitare una scuola teatrale e gli esponenti principali dell’opera italiana
E anche dopo la morte di Caterina, l’intera città continuò ad essere disegnata da architetti, principalmente ticinesi-lombardi e napoletani, secondo i canoni neoclassici. Nel corso del XIX secolo, il governo russo mise infatti a disposizione fondi su fondi per ampliare Odessa sotto la guida economica, architettonica e artistica degli italiani, per rispondere compiutamente all’obiettivo di creare una località da ammirare – la cui vitalità doveva combinarsi con una concezione scenografica – dedita alle attività economiche ma anche al piacere del godimento di arte e cultura. Odessa fu una città “istantanea”, nata nel giro di soli tre anni, l’ultima frontiera europea, il luogo dell’ultima colonia italiana sul Mar Nero, i cui colonizzatori – gli intellettuali invitati – provenivano da Genova, Livorno, Napoli, Roma, Venezia e Palermo, oltre che dalla Svizzera ticinese di lingua italiana [Makolkin, 2007].
Architetti, disegnatori, cantanti d’opera, attori, pittori, scultori e imprenditori fecero di Odessa una “capitale culturale” della Russia del sud, dell’intero impero russo e poi dell’Unione sovietica, e insieme la città testimone della genialità italiana. La classe media che vi emigrò, con i suoi costumi, le sue tradizioni, i suoi comportamenti, rafforzò la stabilità della vita cittadina. Non solo figure dal talento eccezionale, però: anche i più umili immigrati portarono con sé senso civico, responsabilità comune e stimolo alla vita di relazione.
Secondo i dati raccolti all’epoca, già nel 1802 (otto anni dopo la fondazione) ad Odessa si contavano 4.500 abitanti, di cui 2/3 italiani, occupati sia nei commerci che nelle costruzioni o impiegati a caricare cereali, in un porto dove erano quell’anno approdati 300 vascelli granari, cresciuti a 400 l’anno seguente.
Gli italiani a poco a poco divennero presenti in ogni aspetto della vita della intera Ucraina meridionale, al punto che, verso la metà dell’800, la città adottò ufficialmente l’Italiano come seconda lingua, con tanto di toponomastica e documenti ufficiali scritti in due lingue.
Furono anche i primi ad assumere il ruolo di “architetti cittadini” (una sorta di “pianificatori” dello sviluppo edilizio). Il precursore – anche se non lavorò a Odessa – fu Giacomo Quarenghi (1744 – 1817), nato a Bergamo e chiamato a operare in Russia nel 1779, a San Pietroburgo, ove divenne l’architetto di corte degli zar, progettando moltissimi edifici neoclassici.
Fra i professionisti attivi a Odessa in quel periodo, i nomi più rilevanti sono quelli di Francesco Frapolli, nato a Napoli e morto a Odessa nel 1819, e del fratello Pietro Frapolli (nato a Napoli e morto a Odessa nel 1857). Francesco, nominato architetto della Città di Odessa nel 1804, fu responsabile dei primi – numerosi e importanti – progetti, come il Teatro dell’Opera e la chiesa Troickaâ. In realtà tutti i più affermati architetti – a partire dalla dinastia dei Frapolli, in successione, Giorgio Torricelli, Ivano dall’Acqua (anch’esso napoletano), Giovanni Scudieri, Alessandro Digbi e Alessandro Digbi figlio, Luigi Cambiaggio, Francesco Morandi, Alessandro Bernardazzi – lavoravano in qualità di incaricati ufficiali della municipalità, dirigendo personalmente i lavori di costruzione dei loro stessi progetti [Makolkin, 2007].
Provenivano da ogni parte d’Italia: Torricelli da Lugano, Scudieri da Padova, i Digbi erano piemontesi, Morandi milanese, Bernardazzi nativo dell’Ucraina ma di origine italo-ticinese. Di quest’ultimo in particolare si disse “L’Odessa che si vede oggi è opera di questo prodigioso e talentuoso architetto”. Si aggiunse a metà ‘800 anche il sardo Francesco Boffo, il più conosciuto, autore della famosissima “Grande scalinata” di Odessa, immortalata dal cinema d’essai.
“L’insolita libertà degli architetti e dei progettisti italiani non fu casuale: era garantita dalla solida sicurezza finanziaria fornita dalle corti russe e dall’amministrazione cittadina di Odessa. Questo fu un fenomeno unico nella storia culturale e urbanistica europea in cui gli architetti stranieri ebbero la prima e l’ultima parola nella pianificazione urbana ufficiale”. [Makolkin, 2007].
La loro creatività, riconosciuta e valorizzata nel loro nuovo paese, consentì che diventassero rispettabili cittadini dell’impero russo. E quasi tutti vi restarono, non fecero ritorno in Italia e si spensero in Ucraina, paghi della loro privilegiata condizione.
Ma, oltre alla comunità di architetti e esperti di progettazione urbana, ci fu un’altra figura che apparve nell’Odessa del XIX secolo: quella del pittore [Perico, 2014]. Così come l’architettura di Odessa manifestava il gusto rinascimentale dei suoi progettisti italiani, esprimendo la nostalgia per l’armonia e la bellezza dell’antichità classica, dall’altro lato anche i pittori italiani, invitati o emigrati ad Odessa, con i dipinti, le incisioni, gli schizzi rivelarono il portato delle loro origini e seppero infondervi anche i ricordi personali delle città italiane in cui erano nati.
Tuttavia i dipinti, una forma d’arte più intima e di natura meno appariscente, dovettero attendere periodi più lunghi per essere apprezzati. Innanzitutto perché Odessa non aveva grandi cattedrali e nemmeno palazzi maestosi da decorare e i pittori italiani dovettero praticare la loro arte su una scala ridotta. Molto spesso, in ultima analisi, rimasero anonimi, nonostante la qualità del loro lavoro.
L’unico forse che ebbe un gradimento duraturo, in Ucraina come all’estero, fu Carlo Bossoli. Nato a Lugano, visse a Odessa dall’età di cinque anni e divenne celebre per le sue vedute della città, che gli vennero ordinate dal conte Vorontsov, suo protettore. Visse poi in Italia, a Milano, dove rimase fino al 1853, quando un’insurrezione contro gli austriaci lo costrinse a fuggire a Torino, che utilizzò come base operativa per i viaggi in Inghilterra, Francia, Spagna, Marocco e Germania. Si sposò nel 1883, all’età di sessantotto anni, con una giovane di solo ventuno anni, ma l’anno successivo morì di infarto. Fu sepolto a Lugano e a lui è intitolata una via di Torino.
Con l’andar degli anni, a poco a poco si assottigliò e si spense l’ammirazione per tutti gli artisti italiani – non solo per i pittori – che avevano reso bella e ammirata la città di Odessa.
Nessuno però sa spiegarne compiutamente le ragioni. La maggior parte dei nomi italiani è stata dimenticata nella memoria collettiva europea durante quella fase che la studiosa Anna Makolkin definisce “amnesia storica”. Sarà stata cattiva informazione, o ancora documenti d’archivio mal interpretati. Oppure, come sostiene la studiosa, si è trattato di pura volontà di occultamento zarista – il cui risultato è stata la completa rimozione del ruolo straniero a Odessa – restìa a riconoscere che il progresso compiuto dalla società e dalla cultura russe nel XIX secolo non fu un’impresa endogena.
Anche durante il successivo periodo sovietico, gli archivi sono stati oggetto di deliberata manomissione. Di conseguenza, una volta eliminati dalla storiografia russa, i fondatori italiani di Odessa sono stati rimossi dalla memoria dei loro compatrioti.
Oggi la situazione è ben diversa dal passato: gli italiani sono quasi del tutto spariti da Odessa, anche se rimane una piccola colonia di discendenti delle antiche famiglie napoletane, la componente più cospicua nella fase della fondazione.
Francesco Boffo è forse l’unico architetto “sopravvissuto” a questa sorta di damnatio memoriae, grazie a Sergej Eisenštein, regista del famoso film “La corazzata Potëmkin”.
In ogni caso, notevoli sono i suoi meriti. L’equilibrio, le proporzioni, la simmetria, la monumentalità e l’ordine rigoroso del Rinascimento italiano sono tutte caratteristiche visibili nella struttura degli edifici che progettò: la sede del Municipio, la facciata del Museo Archeologico, come pure l’affascinante scenografia elaborata per unire con una scalinata il porto all’altura su cui si apre l’ingresso a Odessa.
Peraltro, la narrazione cinematografica della rivolta di Odessa durante la rivoluzione russa del 1905 non corrisponde a quanto avvenne realmente. La scena dell’attacco da parte dei cosacchi zaristi alla popolazione, che appoggiava i marinai ammutinati della corazzata Potemkin, fu ambientata sulla scalinata: ma la sparatoria sui civili uccisi durante la rivolta non si verificò lì e di giorno, ma di notte nelle vie della città.
Spero che i “nuovi cosacchi”, che oggi aggrediscono l’Ucraina, non si vogliano macchiare di un ulteriore vergonoso eccidio proprio in questa città e sul suo monumento più celebre.
Letture suggerite
- Makolkin Anna, “A history of Odessa, the last italian Black Sea colony”, The Edwin Mellen Press, Lewiston 2004
- Makolkin Anna, “The nineteenth century in Odessa: one hundred years of italian culture on the shores of the Black Sea (1794-1894)”, The Edwin Mellen Press, Lewiston, NY, 2007.
- Piljavskij Valentin, “Gli architetti di Odessa”, Optimum 2010.
- King Charles, “Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno”, Einaudi, Torino 2013.
- Perico Erika, “La Odessa italiana. La fondazione della città di Odessa: il ruolo determinante degli italiani”, Tesi di laurea triennale, Università di Bologna, 2013-14
- Willem van der Ham, “Frans de Wollant, een Nederlands ingenieur in Rusland”, Vitruvius n. 26, 2013-2014
- Ferrari Aldo, “Quando Odessa parlava italiano”, in “L’Ucraina fra noi e Putin”, Limes, vol. 4, 2014
- Herlihy Patricia, “The persuasive power of the Odessa myth”, in “Odessa recollected. The port and the people”, Academic Studies Press, 2018
- Lami Giulia, “Per una storia della città di Odessa”, Mediterranea ricerche storiche, aprile 2021
Photo Map of Odessa 1850.