Nel proseguire le riflessioni che furono l’oggetto dell’ultimo congresso dell’Istituto Nazionale di Architettura – IN/Arch dedicato al futuro delle città, abbiamo immaginato di proseguire il lavoro provando ad applicare le idee emerse ad una realtà a noi vicina e conosciuta in modo diretto, la nostra città.
Torino è oggi una città con forti criticità che, senza entrare qui ed ora nel dettaglio, derivano dalla conclusione di un ciclo di sviluppo economico e sociale che ha segnato e combattuto con successo la transizione dal modello mono-industriale. È però un ciclo che si è chiuso, certamente per la lunga crisi degli ultimi anni ma anche per il decadimento storico del modello di sviluppo che l’ha caratterizzata.
Ma se una cosa si può recuperare dalla passata esperienza, sono i presupposti, vale a dire che una città che non esprima un valore proprio, nuovo oppure ritrovato e rinnovato dal passato, può solo “offrirsi in vendita” restando in balia di uno sfruttamento che difficilmente le restituirà valore vitale. Il ciclo concluso ha saputo puntare su asset nuovi ed il sistema ha funzionato. Alcuni di quegli asset sono ancora utili oggi ma la città sembra vivere un contrasto interno fra la modalità di attesa del salvataggio attraverso il grande investitore venuto da lontano al quale “vendere la città” (come pensano taluni miopi osservatori) e l’alternativa della fatale, persino compiaciuta, accettazione di un processo di decrescita. Non possono essere queste le alternative per una città del rango di Torino.
Occorre una visione ad ampio spettro e “laterale” che interagisca con il patrimonio intellettuale, culturale, economico sopito sotto la cenere, immobiliare esistente anche se degradato fisicamente e socialmente, degli spazi e dei servizi pubblici, delle eccellenze ancora presenti … che insieme possono essere motori di un riavvio del sistema dall’interno, più virtuoso e duraturo.
La città conserva sopite sotto la cenere, insieme ad eccellenze ancora evidenti, forti potenzialità da rimettere in gioco ed anche “piccoli motori” che insieme possono rilanciare un sistema nuovo di sviluppo e tornare ad essere attrattivi come soggetti attivi interessanti di pari grado e dignità con chi immagina di riporre altre speranze di sviluppo in questa città.
Uno sviluppo che tuttavia sia di modello nuovo e coerente ai tempi che viviamo oggi, uno sviluppo sostenibile per prima cosa sul piano ambientale per la città e per i riflessi che la città può determinare sul territorio; uno sviluppo che sia di lavoro diffuso, stabile e di qualità e determini una sostenibilità sociale del modello anche per la convivenza civile nei luoghi della residenza, del lavoro, del tempo libero; una sostenibilità economica che non sia un libro dei sogni ma un percorso di cui si verificano le tappe e se ne corregge la rotta se necessario.
Di qui nasce il “Progetto Scandagli” di IN/Arch Piemonte e dalla consapevolezza che enunciare un problema non è più sufficiente, occorre passare ad una fase che presuppone la responsabilità e l’onere di fare proposte concrete da mettere a base del confronto e della discussione perché anche nei processi partecipati chi viene chiamato ad esprimere idee ha il diritto di non trovarsi di fronte ad un “foglio bianco” ma di avere una traccia da seguire nella discussione anche se fosse da negare e trasformare completamente.
Non abbiamo lavorato da soli, l’affiancamento di organizzazioni di categoria per l’interpretazione delle singole sensibilità è stato fondamentale, come è stato fondamentale il supporto della Circoscrizione 7, il Presidente Luca Deri, che ha messo a disposizione la struttura e la conoscenza del territorio e naturalmente un “campione” di Aurora.
Abbiamo scelto una porzione di Aurora e quella in particolare, perché è una sorta di catalogo dei problemi da affrontare ed insieme una sommatoria di opportunità per cambiare:
- è ai margini del centro ma si configura come periferia
- poggia su un’asta fluviale ma non ne sente il riverbero che la “discontinuità” territoriale del fiume generalmente riflette sulle porzioni di città che attraversa
- subisce il traffico incessante delle direttrici di traffico (non solo Piazza Baldissera, anche via Cecchi, lungo Dora, via Cigna)
- al contempo ha problemi di desertificazione per attività e residenze
- ha risvolti e aree abbandonate (via Saint Bon ed il “trincerino”, la vecchia Astanteria Martini, l’area Grandi Motori)
- ha problemi di coesistenza sociale
- le attività commerciali, artigianali di produzione o di servizio, quelle professionali sono alla corda
- c’è il degrado o semplice deperimento degli edifici residenziali e conseguentemente della qualità dell’abitare
C’è tutto questo eppure tutto questo costituisce un grande patrimonio sociale ed economico che può trovare ragioni di rivitalizzazione e rilancio. Se sostenuto ed accompagnato può costituirsi come motore di riqualificazione di se stesso e dell’ambito territoriale circostante, senza attendere il grande “Godot”.
La scintilla però può venire non solo da servizi di accompagnamento, come in ogni esempio che abbia avuto successo in altri luoghi al mondo, la scintilla parte dalla riqualificazione dello spazio pubblico, dalle opportunità che offre, dalla qualità che riverbera nel proprio intorno e dunque siamo partiti proprio da questo elemento ragionando lungo l’asta del trincerino.
Il primo passo lo si è fatto sulla discussa piazza Baldissera, che in qualsiasi modo oggi può essere definita tranne che piazza, è uno spazio di risulta circondato dal traffico, un non-luogo. Non abbiamo voluto entrare nelle polemiche scatenate dalla congestione del traffico, dalla necessità o meno del sottopasso o altre soluzioni. Ci limitiamo a suggerire una soluzione compatibile con le soluzioni di traffico ma che rendono quello spazio una piazza.
Sulla scorta di esempi realizzati in pari condizioni in altre città non distanti da noi, abbiamo immaginato di abbassare il piano dell’area di un paio di metri e sul contorno rialzarlo con una barriera anti rumore arricchita da vegetazione. Il risultato che ne deriva è un’oasi raggiungibile dal sottopasso ferroviario abbandonato che connette il “trincerino” con il fronte opposto di Baldissera. Una piazza che in altri luoghi al mondo è utilizzato per attività di servizio, commerciale oppure ancora per manifestazioni pubbliche, luogo di ritrovo, riparato e silenzioso nonostante la sua collocazione o al contrario un luogo della “movida” che non disturba la residenza presidiato tutto il giorno dalle attività. Insomma, una piazza finalmente.
Una piazza che da un lato si connette ad un sistema di percorsi lenti (ciclabili e pedonali) in parte già esistenti verso il confine nord della città. Sul fronte opposto, quello del “trincerino” attraversa il quartiere, passa per un nucleo di servizi pubblici, le scuole e la sede del quartiere, si connette all’asta fluviale della Dora, prosegue verso quella del Po passando per il Campus Einaudi e continua ai piedi della collina verso San Mauro ed Oltre oppure verso Moncalieri.
Il piano del “trincerino”, infatti, proponiamo di renderlo un percorso rialzato benché ancora leggermente incassato rispetto al piano stradale, che gode in una direzione della scenografia delle montagne e nell’altra quella della collina torinese. Un percorso che sinuosamente si alza e riabbassa per consentire il passaggio in alcuni punti strategici. Ad esempio per la realizzazione di una piastra che diventi piazza di fronte alla chiesa del Gesù Crocifisso che si incontra lungo il percorso, sagrato oggi inesistente; oppure analogo intervento per liberare dalle auto trovandone una collocazione sotterranea, sul largo Cigna che offrirebbe “respiro” alle case che vi si affacciano ed al fronte principale dell’abbandonata Astanteria Martini alla quale riassegnare il ruolo pubblico che l’edificio merita.
Il punto al quale però assegnamo maggior valore strategico per lanciare il processo di riqualificazione è l’area dove già oggi il “trincerino” riemerge, un’area abbandonata alla quale un consistente numero di edifici pubblici volge le spalle, una scuola media, un asilo, la sede della circoscrizione un’area sportiva che presto sarà implementata. Ecco dunque una soluzione semplice ed a costi limitati, risvoltare il fronte delle attività pubbliche, rivolgerle verso quell’area ritrovata, farla diventare il cuore di quell’ambito di quartiere, area di relax e di incontro, transito sicuro per i ragazzi delle scuole e per le attività sportive che si unisce al resto delle aree limitrofe e offre qualità all’insediamento.
Su tutto questo abbiamo iniziato a lavorare e vogliamo approfondire con un workshop per progettisti nei prossimi giorni per concretizzare dati e idee sulle quali i cittadini possano confrontarsi. Se la direzione sarà condivisa si potranno approfondire i modelli anche finanziari da attivare per avviare il processo di riqualificazione.
Lo spirito è quello di trovare modelli che si possano adattare alle differenti situazioni degli ambiti urbani affinché possono trovare al loro interno motivi e forza di rigenerazione.
foto di M.Cilli – piazza Baldissera