La lettera di minaccia inviata ad Appendino, per quanto sgangherata è un fatto molto grave. C’è tuttavia un terreno di coltura per queste cose: arringare le piazze del “vaffa”; attaccare a tutto campo istituzioni e rappresentanti delle stesse; arrivare al governo e usarlo come potere; accusare l’informazione di essere complice della resistenza al “cambiamento”; intimidire a tutto campo corpi dello Stato, insultare le altre forze politiche trattandole da malfattori, anche quelli che poi si scelgono come compagni di viaggio facendo finta di nulla. Un percorso di odio e paure che oggi passa dai funzionari del MEF per arrivare a Riace e solletica la fantasia dei cretini che si sentono sdoganati e hanno imparato la lezione del “vaffa”.
Non intendo per nessuna ragione al mondo giustificare la lettera di minaccia, sia ben chiaro, sono peraltro uno che mette idee e faccia in primo piano sempre anche quando è in solitaria minoranza dunque distantissimo da quel metodo (se di metodo si può parlare), ma intendo ragionare su cosa solleva reazioni di questo genere perchè per combattere un problema è necessario riflettere sulle ragioni che lo hanno causato. Anche se la riflessione ed il ragionamento pare non avere più cittadinanza nell’Italia di oggi.
Si prepara ora una manifestazione che promette di essere grande contro una politica che tende al declino della nostra città, il fatto scatenante è il NO alla TAV. È una fase che tende a distinguersi dalle posizioni politiche dei partiti, tanto che in primo piano ci sono cittadini e organizzazioni di categoria. Penso che in questa fase sia corretto pensarla cosi ma non può diventare un mantra dogmatico, l’aver discreditato il sistema di rappresentanza dei partiti – per quanto i partiti ci abbiano messo del loro per non aver giustificazioni – è la ragione stessa che sta alla base della condizione di disagio in cui ci troviamo oggi. Fare di tutta l’erba un fascio, persone ed organizzazioni sino ad arrivare alle istituzioni, non è stata una buona idea, ha tolto speranza di rappresentanza e riscatto e dunque generato movimenti in cui apparentemente ci si muove in gruppo ma è nella realtà una solitudine sfrenata delle idee del singolo che cerca di riconoscersi in un Capo, un Leader. Penso che tutti abbiano sbagliato in questa direzione, che ci porta fuori dai sistemi democratici, basati su pesi e contrappesi del potere che solo in tale modo diventa Governo.
La situazione è talmente degenerata, che oggi si gioisce nel vedere che organizzazioni imprenditoriali e di categoria si muovono, è un fatto positivo se temporaneo ma non può essere la regola. In quanto organizzazioni di categoria, per quanto illuminate, non possono per loro natura vedere il senso globale del governo di un territorio, sono appunto di categoria non sono costituite per questo, non possono arrogarsi questo ruolo, in specie quelle alle quali l’adesione avviene in forma obbligatoria per legge e dunque senza possibilità di scelta.
Poco importa se nel determinato frangente la mia idea corrisponda a quella rivendicata in quel momento, mi interessa che sia tutelato il diritto delle minoranze che all’interno ci sono sicuramente, magari su altri argomenti ma non è dato loro spazio per interloquire e neppure decidere di cambiare organizzazione.
Anche alla lista anagrafica della Città di Torino sono iscritto per obbligo di legge, ma non è questo il problema, non è l’obbligo di legge, nel consiglio comunale è garantita la presenza di maggioranza e di minoranza che vigila, critica e fa proposte. Dove questo non è garantito, c’è un vulnus, oppure è ben chiarito nelle leggi di istituzione il limite d’azione di tali organizzazioni: chi non ne rispetta i limiti deve essere rimosso.
Generare “Eroi per un giorno” non porta bene, lo dico di nuovo è la ragione, l’origine stessa dei nostri attuali guai. Qualcuno la giudicherà una questione di lana caprina, un filosofeggiare sulle parole nel momento del “fare”, ma il mondo progredisce se il “fare” vien dopo il “pensare”. Posso mai pensare da architetto che il progetto, “il pensiero”, venga prima o non venga affatto, prima del realizzare?
copertina dell’album Cosa succede in città di Vasco Rossi (1985)