Attrattività vs. Accoglienza

L’Italia è incapace di attrarre investimenti di grandi aziende e di gettare le basi per lo sviluppo dell’economia italiana. ….”. Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.

L’Italian Investment Showcase ha ospitato un workshop sulle “storie e le strategie” per attrarre gli investimenti esteri

Attrattività: capacità di stimolare l’insediamento di imprese, di attività produttive, commerciali, di servizio, attirare persone, intelligenze, risorse dall’esterno verso un territorio, attraverso incentivi fiscali e dinamiche economiche, grazie alla presenza diffusa di cultura produttiva e valorizzazione di saperi più o meno specializzati, accessibilità e infrastrutturazione, servizi alle persone e alle imprese, agevolazioni normative, condizioni sociopolitiche favorevoli……. e/o attraverso la valorizzazione delle eccellenze del territorio: i caratteri ambientali e paesaggistici, i beni culturali, le disponibilità ricettive e i percorsi eno-gastronomici, la qualità della vita e la dotazione i “facilities”; oggi un ruolo determinante dell’attrattività è giocato dagli “eventi”, da iniziative di carattere scientifico, culturale, sportivo molto circoscritte nel tempo e tendenzialmente localizzate, che costituiscono elementi di identità ed eccellenza di luoghi tendenzialmente circoscritti e che hanno prodotto in breve tempo nuovi modi di abitare lo spazio……

Si attira (soprattutto gli investimenti) da un luogo ad un altro, con la convinzione che finanze e risorse siano – sempre e comunque – in qualche altro luogo e appartengano a qualcun altro; per farle confluire nel territorio a cui rivolgiamo l’attenzione, occorre avviare un processo competitivo, che dunque lo favorisca mettendo fuori gioco altri territori, a partire da “idee” che devono essere originali, innovative, giuste (perché, occorre ricordarlo, a volte le idee possono risultare sbagliate!) devono trovare riscontro nei caratteri e nelle vocazioni di quel territorio, possibilmente devono anche essere riconosciute come benefiche per la sua crescita ma – soprattutto – devono produrre profitto per gli investitori. Se le due cose coincidono (crescita e profitto)ne risulta un grande successo, che spesso viene riproposto, in modo più o meno appropriato, in altri luoghi e altri tempi; se non coincidono, è più probabile che sia la prima delle due a non concretizzarsi.

Concentrare l’attenzione sulla attrattività infatti, può distogliere chi governa dalla conoscenza e dalla comprensione dei processi in atto, da una valutazione attenta e lungimirante delle complessità che li caratterizza; l’attrattività, se costituisce l’unica linea portante delle politiche territoriali, rischia di recidere le radici che garantiscono il legame con i luoghi e divenire, come mette in guardia Edoardo Salzanoparole d’ordine utili ad acquisire facile consenso, di volta in volta intorno a una politica, a una norma, a un programma prospettati come risolutivi di un ‘problema chiave’….Non è scontato, infatti, che interventi di riqualificazione orientati ad attirare investimenti, consumatori, nuovi city users o visitatori, possano migliorare la qualità della vita di chi abita nei quartieri interessati da tali interventi” 

’Questa città è vecchia senza essere antica, stretta senza essere accogliente, e brutta oltre misura…. (HEINRICH HEINE)

Una gradevole accoglienza in città è un invitante biglietto d’ingresso da non trascurare…(LUIGI LA SPINA)

L’accoglienza è un’apertura: ciò che così viene raccolto o ricevuto viene fatto entrare – in una casa, in un gruppo, in sé stessi. Accogliere vuol dire mettersi in gioco, e in questo esprime una sfumatura ulteriore rispetto al supremo buon costume dell’ospitalità – che appunto può essere anche solo un buon costume. Chi accoglie rende partecipe di qualcosa di proprio, si offre, si spalanca verso l’altro diventando un tutt’uno con lui…..(unaparolaalgiorno.it)

Accoglienza è un termine che condensa in se molteplici significati: accogliente può essere una persona, un ambiente, una poltrona, una casa, una città, un territorio…. che riceve, ospita, mette a proprio agio, produce benessere e rigenera energie indebolite.

Il termine accoglienza, come risposta ai bisogni insediativi prodotti dai fenomeni migratori che caratterizzano la contemporaneità globale, costituisce una delle questioni più controverse nel dibattito politico, culturale, etico, uno dei temi più ricorrenti nei media, una delle origini delle profonde inquietudini che serpeggiano nella società.

Non a caso accoglienza evoca situazioni, immagini, persone, emozioni legate a elementi intimi e profondi: la madre, il partner e l’amico, il borgo natio, il rifugio dall’esilio… Evoca forme morbide, uterine, archetipiche e avvolgenti, che stabiliscono una particolare relazione – insieme fisica ed emotiva – tra lo spazio e chi lo abita: l’abbraccio di piazza San Pietro; l’intimità di una alcova; il confort di un caminetto intorno a cui intrattenere gli amici; il calore, i profumi e la sobria eleganza di un ristorantino familiare; un territorio dal clima mite, le colline e i boschi verdeggianti, le valli fecondate dai fiumi, la popolazione ospitale, vivace, permeabile e cosmopolita…..

Il territorio che accoglie, che riceve dentro di se, che ospita, mette a proprio agio, include gli abitanti, le comunità, le persone che lo attraversano (oggi ciò che deve interessare non è lo “stare” delle persone, ma il loro “fluire”).

Per essere davvero accogliente, lo spazio deve esprimere al miglior livello possibile la propria natura di “bene comune”. Infatti, lo spazio contiene sempre in se una dimensione collettiva, anche quando è costituito da un aggregato di proprietà private, in quanto insieme condiviso di manufatti, infrastrutture, servizi, paesaggio, risorse naturali, in quanto sistema di regole di convivenza, impronta fisica di relazioni sociali, politiche, economiche, geografiche, culturali…

Lo spazio urbano in particolare, conserva la propria identità di luogo di scambio (di risorse e merci, ma anche di condivisione di esperienze, di elaborazione di conoscenza), di condensatore e amplificatore di opportunità economiche, sociali, politiche.

La città, per il suo continuo stratificarsi di identità storiche, culturali e sociali, di geografie, di flussi di cose, persone, informazioni, è per sua natura il luogo delle differenze, mai totalmente riconducibile a schema statico d’ordine e di omologazione. Differenze che ne costituiscono la ricchezza, le opportunità generate dall’incontro e dal confronto, la vivacità; quando le differenze non siano confuse con le disuguaglianze, che invece rendono indisponibili alla convivenza, costituiscono il prodotto e insieme l’elemento generatore dell’isolamento, della rigidità e della staticità del sistema.

Dunque, l’accoglienza è un fattore dinamico e come tale ha tra i propri esiti possibili quello di attrarre nuovi abitanti, nuove competenze, avviare iniziative legate alla produzione, allo scambio, può quindi generare ricchezza diffusa sul territorio, ma a partire dalle connessioni delicate che tessono le identità che lo compongono, gli insediamenti con la orografia, le comunità con l’ambiente, la cultura con la storia; a partire dalle risorse e dalle energie diffuse nel proprio territorio, dalle proprie vocazioni, dalla disponibilità ad accettare il confronto, la condivisione, l’inclusione; atteggiamenti che comportano una complementare disponibilità da parte di chi è accolto.