Le trasformazioni degli ultimi vent’anni hanno cambiato Torino, le sue vocazioni e la sua stessa identità. Con la globalizzazione dei mercati e la crisi finanziaria abbiamo dovuto affrontare la deindustrializzazione con la perdita di migliaia di posti di lavoro e di imprese.
Una duro colpo per una città che ha reagito, senza rinunciare al profilo industriale, investendo sull’innovazione tecnologica, la ricerca, la formazione universitaria, la finanza, terziario avanzato, la cultura, il turismo, i servizi alla persona.
Questo percorso è stato accompagnato e sostenuto da un vasto piano di riqualificazione urbana che ha utilizzato le aree industriali dismesse per ridisegnare la città e le sue infrastrutture. Così anno dopo anno Torino è cambiata, ma ora si è palesemente fermata!
Questa evoluzione non è avvenuta in modo casuale, infatti è frutto di una visione stabile e duratura nel tempo con una regia dalle istituzioni ed il coinvolgimento delle Università, delle imprese, del mondo della cultura, delle organizzazioni economiche e sociali, delle fondazioni bancarie e delle professioni.
Come cittadino, padre di quattro figli ed imprenditore, assisto con tristezza nel vedere Torino che si chiude sempre di più su se stessa e perde la capacità di attrarre investimenti – come si fa ancora ad assistere ai vari ripensamenti delle istituzioni che osteggiano strategie di sviluppo quali le Olimpiadi, l’alta velocità o un grattacielo?
La piccola cittadina di Bra, premiata come destinazione europea di eccellenza, si distingue anche per la presenza degli studenti di Pollenzo, che portano una ventata di internazionalità alla città.
Aprire una nuova grande stagione di sviluppo di Torino è possibile, ma ritengo utopistico che ciò possa avvenire immaginando nell’immediato Torino come una megalopoli europea tipo la vicina Milano. Così, evitando improbabili nuove vocazioni, occorre consolidare il tessuto produttivo esistente e favorire la rigenerazione urbana mobilitando i capitali privati italiani e internazionali per attuare i processi di trasformazione congelati già noti (metro, Centro Congressi, Città della Salute, Variante 200, Area Thyssen, Palazzo del Lavoro, Alta Velocità).
Parallelamente, oltre a proseguire nell’attrattività culturale e turistica, occorre investire in nuovi e più avanzati settori ad alto valore aggiunto, quali le nuove tecnologie e sviluppare l’eccellenza internazionale dell’alta formazione, attraendo così nuovi centri di ricerca e innovazione.
E’ responsabilità delle istituzioni prendere atto che anche la scelta del non fare assume un costo per la collettività.