Sono diversi i segnali di cambiamento a Torino: in 7 anni abbiamo perso 15mila imprese, fenomeno che ha visto un rallentamento nell’ultimo periodo. È cambiato il mix economico sul territorio: le imprese che offrono servizi per la prima volta hanno sorpassato in numerosità quelle del commercio. Alcuni settori, come il turismo ed i servizi alla persona, crescono da tempo. Le imprese gestite da stranieri registrano un ottimo andamento da oltre 10 anni, mentre quelle giovanili nel 2017 sono scese al di sotto del 10%. Fra il 2016 e il 2017 il numero di occupati totali in provincia di Torino è salito da 928 mila a 938 mila (+1,1).
In un mondo globale la nostra economia, seppure dinamica e viva, non basta più per essere un fattore di attrattività. Scimmiottare le grandi megalopoli sarebbe uno sbaglio, occorre invece puntare sui minimi fattori distintivi: su ciò che non si riesce a trovare in nessuna altra parte del mondo.
Ritengo, quindi, sempre più essenziale dotarsi di un piano di marketing territoriale: non bastano le iniziative di ogni singolo ente o istituzione, è necessario agire in modo coordinato, sotto la guida di una cabina di regia. Come Camera di commercio ci facciamo regolarmente carico di organizzare tavoli tematici sulle questioni urgenti mettendo intorno a un tavolo enti e istituzioni, politica e mondo delle imprese. Un esempio di ciò è il lavoro sulle nuove identità di Torino. Da tempo alla Camera di commercio promuoviamo le nostre migliori realtà agroalimentari e turistiche, con progetti per valorizzare le eccellenze del territorio: dalle imprese artigianali alle casearie, fino alla nostra migliore enologia. Quest’anno, grazie anche ai due grandi eventi internazionali “Bocuse d’Or” e “Salone del Gusto” e al comune denominatore “cibo”, potremo dare ampia visibilità a queste realtà di eccellenza in un sistema allargato di attrazione di turisti e appassionati.
Sul turismo la recente riforma ci ha assegnato il nuovo ruolo di valorizzazione del patrimonio culturale nonché di sviluppo e promozione del turismo, in collaborazione con gli enti e organismi competenti. Stiamo dunque affiancando al nostro consolidato progetto sul marchio di qualità YES! e all’ormai storico Osservatorio sul turismo alberghiero altre più recenti iniziative: dalle promozione dell’outdoor nelle nostre montagne all’attrazione di specifiche tipologie di turisti. I grandi eventi in quest’ottica possono fare molto, ma non vanno mai visti come singoli momenti a sé stanti, che si aprono e si chiudono: devono innescarsi in un piano di valorizzazione delle specificità locali. enogastronomia, cultura, montagne. Sono tutti elementi che appartengono alla nostra identità, in quest’ottica va il mio impegno personale per incoraggiare e sostenere, anche con il recente studio di fattibilità, la candidatura di Torino alle Olimpiadi invernali del 2026.
A Torino è necessario risvegliare le idee e creare un dibattito su alcuni temi chiave, dandosi scadenze e obiettivi. Con le Olimpiadi questo è avvenuto, ma non accadeva da tempo. Uno dei temi sui quali vogliamo portare il dibattito è la possibilità di candidare la nostra città a “capitale italiana dell’impresa sociale”. Un mese fa, con il nostro Comitato imprenditorialità sociale e la Città di Torino, abbiamo presentato i numeri dell’ecosistema sociale sul nostro territorio. Il torinese è un’area estremamente ricca nel terzo settore con 1.900 realtà che a titolo diverso vi operano tra cooperative e imprese sociali, realtà ibride, associazioni di volontariato e di promozione sociale. E in tutti i casi si tratta di universi in continua espansione, anche grazie ad una normativa recentemente rinnovata e ad una significativa tradizione che appartiene al territorio.
In questi anni assistiamo ad una continua ibridazione tra il mondo economico tradizionale e il sociale, con l’avvio di realtà di tipo misto o con strette relazioni reciproche. Nascita di nuovi bisogni, arretramento del welfare, presenza di soggetti intermedi che favoriscono la nascita e l’aggregazione di queste imprese: questi sono solo alcuni tra i fattori che contribuiscono alla crescita e anche alla progressiva mutazione del terzo settore torinese. Molto tuttavia è ancora da fare: dallo sviluppo della misurazione dell’impatto sociale all’ancora poco diffusa proposta di nuovi canali di finanziamento, diversi da quelli tradizionali.
Vogliamo far diventare la nostra città un ecosistema capace di attrarre investimenti in “innovazione sociale” e siamo ben consapevoli di doverci muovere tutti insieme. Un primo passo è la nuova piattaforma “Torino Social Impact” che, grazie al nostro impulso, ha messo intorno allo stesso tavolo i principali stakeholder dell’ecosistema locale dell’innovazione sociale, ma tra giugno e luglio si prospettano altre novità.
Torino deve darsi nuove identità, ma non può immaginare di vivere senza manifattura. Nella nostra città la produzione di auto e l’indotto sono ancora una parte tutt’altro che marginale del sistema produttivo: il nostro indotto e la nostra componentistica sono all’avanguardia e leader in Italia. E sono tante le possibilità che si aprono ora con le opportunità offerte dall’Industria 4.0.
E allora stiamo lavorando, con altri partner del territorio, per proporre un nuovo evento di cui si sentiva da tempo la necessità: una business convention, incentrata sull’auto autonoma, connessa, intelligente. L’evento permetterebbe a grandi player e a PMI, a istituzioni e centri di ricerca di incontrarsi e trovare soluzioni commerciali e partner sul tema dell’auto del futuro e di mettere a frutto la lunga tradizione del territorio nel settore dell’automotive e della componentistica con la più recente esperienza legata alle telecomunicazioni, alla sensoristica, all’elettronica avanzata e all’intelligenza artificiale.
Diversi passi stanno recentemente spingendo in questa direzione: la firma in Comune del protocollo per testare nel torinese le auto a guida autonoma; l’annuncio di Pininfarina e l’ex centro stile Bertone che torneranno a produrre auto, elettriche e ad idrogeno. Ma questo non basta. L’adozione della tecnologia per l’autonomous dipende dalla creazione di un modello di business sostenibile che sia in grado di creare un servizio per il cittadino, compito questo da portare avanti in modo collegiale tra ricercatori, produttori, amministratori locali, esponenti del mondo accademico. Il nostro territorio può diventare un modello anche rispetto a queste sinergie e collaborazioni per un sistema di mobilità sempre più integrata, condivisa, sostenibile e utile al cittadino.
Photo by Giorgio Giani